Cosa c’è di meglio di raggiungere Cesenatico in bicicletta percorrendo le salite dell’appennino romagnolo ove si allenava il campione scomparso proprio 10 anni fa in un hotel di Rimini? Fatica e sudore, sacrifici e impegno sia mentale che fisico e fusione con la natura circostante, questo è in primo luogo il ciclismo.
Ci sono due popoli attaccati allo sport, quello dei tifosi e quello degli sportivi.
Il primo quasi sempre molto chiassoso e non di rado, anche violento. Il secondo, gli sportivi, silenziosi esternamente ma con il fuoco nel cuore che si diffonde attraverso le arterie e i capillari ad ogni cellula del corpo. Persone che più che guardare, osservano, studiano, elaborano e agiscono.
Persone che sanno capire e trasformare in azione costruttiva ciò che hanno ricevuto e che poi sanno dare di conseguenza a loro volta.
Lo sportivo vero non distrugge ma costruisce, non urla ma soffre, non spacca cose né facce, ma trae energie che poi esprime nella vita trasmettendole ad altri.
Lo sportivo non dimentica, non abbandona, non rinnega ma cerca di capire anche le cattive azioni. Lo sportivo va in profondità non si ferma allo superficie.
Lo sportivo pratica dando il meglio di se, il tifoso parla ma non prova. Il tifoso vuole sempre vincere e se non ci riesce si arrabbia ed esprime questa rabbia in maniera violenta.
Per il tifoso la vittoria è quella più evidente, quella del punteggio impresso sui tabelloni, quella del gradino più alto del podio.
Per lo sportivo la vittoria è ben altro: è aver avuto la forza di affrontare la salita, aver avuto la forza di giungere alla vetta, aver avuto il coraggio di accettare la sfida prima con se stessi e poi con i propri rivali sul campo e amici nella vita.
Per lo sportivo il vincitore può anche non arrivare sul podio, può anche aver perso a due metri dal traguardo, può anche aver sbagliato nella vita.
Lo sportivo vede nell’atleta prima di tutto un uomo a cui contare le gocce di sudore che fuoriescono da ogni poro, non un idolo di pietra o un prodotto consumistico da gettare nel cestino dopo l’uso.
Marco era un uomo con grande talento, che ha saputo incendiare i cuori, che ha sofferto e gioito, che ha fatto soffrire e gioire coloro che lo hanno seguito, acclamato e ammirato.
Ha amato la bicicletta, ha affrontato le salite più dure sia sulla strada che nella vita. È caduto su entrambe più volte ma si è sempre rialzato con l’aiuto della squadra, della famiglia e degli sportivi.
Da Madonna di Campiglio non si è più alzato, non per una caduta sul percorso di gara ma, probabilmente, per uno sgambetto, per un bastone messo con violenza e cattiveria tra le sue ruote.
Ha ragione mamma Tonina quando dice che non è stata fatta chiarezza ancora sulla vicenda, che non si è andati a fondo per capire veramente cosa è successo e perché quei valori sono variati dalla sera alla mattina.
Poi la rivelazione dell’ex medico della Mercatone Uno Roberto Rempiche afferma che l’ematocrito di Marco, la sera precedente alla sospensione, era di 48.2, 48.3 e che non si spiega come mai l’indomani mattina fu rilevato il valore di 53.
Una spiegazione la da un secondo medico, intervistato dai giornalisti di Italia uno, il dottor Sante Tura, esperto in ematologia. Costui aveva esaminato i parametri di Marco che, a Madonna di Campiglio, era risultato essere l’unico ad avere un livello di piastrine inferiore ai livelli abituali, senza che se ne potesse dare una spiegazione scientifica.
È abbastanza facile falsare i valori di ematocrito e piastrine, basta separare nella provetta la parte liquida (plasma) dalla parte corpuscolare, togliere un po’ di plasma (e con esso se ne vanno anche le piastrine) e rimescolare il tutto.
La mia biologa di fiducia, dr.ssa Caterina Bolzonella, conferma quanto asserito dal medico intervistato. E poi i i numerosi elementi registrati che fanno pensare ad un inquinamento della scena del crimine, ipotizzato dall’avvocato della famiglia Pantani.
Anche l’arrivo delle scommesse sui ciclisti, proprio a partire da quell’anno, 1999 e l’enorme quantità di denaro puntato sui corridori può aver avuto un ruolo fondamentale per una ipotetica modificazione del contenuto di quella provetta.
Tutto questo e gli altri aspetti che non ho citato, per chi per lavoro ha come scopo fare Giustizia, dovrebbero essere sufficienti per riaprire il caso. Per chiarire le cose in primo luogo per Marco e poi per la famiglia, per gli sportivi, per il mondo del ciclismo e per tutti i cittadini.
Molti da quel 1999 ti hanno insultato, ti hanno abbandonato, ti hanno rinnegato, ti hanno diffamato e calunniato ma altrettanti, nel silenzio, e anche nell’anonimato, ti sono stati e ti sono ancora oggi vicini.
Tu, per loro e per me, sei stato prima di tutto un uomo e poi un grande atleta ed hai pagato troppo, con la vita, e probabilmente per errori mai commessi.
Tutto questo poi in un mondo in cui la maggior parte cerca di fuggire dalle proprie responsabilità nascondendosi tra i cavilli di una umana, e pertanto imperfetta, giustizia.
Mi sono posto ai piedi della statua che ti hanno dedicato in Cesenatico, per scattare una foto che il mio cuore ha visto prima della fotocamera.
Quella bici su cui pedalavi, vista dal basso, si proietta nel cielo blu con i suoi batuffoli bianchi. Tu pedali, in piedi e senza risparmiarti con la solita leggerezza e senza nessuno che ti possa più fermare.

