Nell’intervista fatta a Arianna Fidanza (leggi articolo) ho già raccontato in breve chi era Giovanni ciclista e chi è ora, ovvero il direttore sportivo della Eurotarget-Bianchi-Vitasana. Dopo aver ascoltato con grande interesse le bellissime parole donateci dalla sorella maggiore ora è più che doveroso porre le stesse domande a Martina, giovane promessa al primo anno tra le Elite.
Martina, nata a Bergamo il 5 novembre 1999, non ha perso tempo dato che solo pochi giorni fa ha vinto la sua prima gara del 2018 sul traguardo di Buttrio (leggi articolo).
Martina, a quanti anni hai preso coscienza del lavoro di tuo padre Giovanni quale agonista “Campione” di ciclismo internazionale?
Da sempre l’ho saputo, anche perché sin da quando ero piccolissima andavo con mia mamma alle gare di mia sorella e le persone mi fermavano chiedendomi di mio papà
A che età e con quali stimoli hai iniziato a pedalare su una bici da corsa?
La mia prima bici da corsa l’ho provata all’età di 6 anni e le prime volte ho iniziato andando con mia sorella al campo sportivo di Brembate di sopra. Poi ogni tanto, quando mio papà tornava dalle gare ( in quanto poi lui ha proseguito facendo il direttore sportivo) qualche volta uscivo con lui
Martina, ci racconti il “papà professionista”?
Mio papà professionista ha avuto una carriera che ha raggiunto i suoi massimi livelli negli anni giovanili appena affrontato il passaggio. Ha vinto una tappa al Giro, una tappa al Tour e la maglia ciclamino al Giro d’Italia e poi numerosi piazzamenti nei primi tre.
La tua passione come nasce e come si interseca con la vita e professionalità del papà ex prof e DS?
La mia passione nasce non solo dalla mia famiglia. Sono sempre stata convinta che sia qualcosa di più, che sia dovuta soprattutto ad una forza volitiva individuale. Mio papà è indubbiamente una figura importante nella mia vita, non solo a livello sportivo ma principalmente a livello umano.
E’ vero Martina, i genitori possono sostenerti, possono farti conoscere varie realtà ma ognuno è unico e solo in se , nel proprio dna nel proprio io può trovare la forza e la volontà di perseguire un obiettivo.
Giovanni, è esigente e duro con te?
Assolutamente no, anzi. Il fatto che sia stato coinvolto nell’ambiente ciclistico permette lui di poter capire maggiormente alcune dinamiche che a mio avviso molti altri non riescono a percepire. Inoltre il suo grande pregio è quello di non “forzare” la nostra crescita nello sport ma di lasciare che tutto si manifesti con il tempo.
Hai avuto la sensazione di essere stata forzata a correre o ti ha aiutato a scoprire la passione che era già in te?
La passione in me è cresciuta con il tempo, quando ero bambina c’è sempre stata una grande libertà sule mie scelte infatti ho provato anche molti altri sport come pallavolo, ginnastica artistica e ritmica ma anche pattinaggio e in tutti questi sport sono stata pienamente appoggiata e supportata dai miei genitori ma in ogni caso sono sempre tornata al ciclismo perché era ciò che più mi piaceva.
E’ uno sport di sacrificio: come concili lo studio, la professione ciclistica, la vita personale e la fatica?
Tutto deve essere programmato nei dettagli. In una giornata a fatica si riesce a fare tutto e molte volte si deve trascurare parte di questi fattori. Indubbiamente cercare di mantenere un buon livello in tutti i campi comporta una vita frenetica e un po’ stressante ma sinceramente sono contenta di alzarmi alla mattina con un obbiettivo ed andare a dormire con delle soddisfazioni giornaliere seppur piccole.
Come vedi il mondo ciclistico femminile di oggi, rispetto a quello maschile e a quello all’epoca di vostro padre?
Il ciclismo femminile negli ultimi anni sta cambiando parecchio, piano piano ci stiamo ritagliando il nostro spazio seppur sia ancora una goccia in un mare. In confronto a quando anche mia mamma correva i numeri di partecipanti donne sono aumentati a dismisura anche se il sistema tende ancora a ricalcare quello di 20 anni fa. Spero tanto che si possa un po’ “modernizzare” tutto il sistema ciclistico femminile che a mio avviso dovrebbe essere tutelato molto più di quello maschile.
Cara Martina, hai detto bene. Ho iniziato a seguire il movimento femminile solo nel 2017 e vi chiedo scusa per questo.
Mi ci sono dedicato perché un amico mi ha chiesto di assistere negli allenamenti sua figlia, juniores al secondo anno. E’ stata una bellissima ed ottima opportunità per me di staccare un po’ dal movimento professionistico maschile e guardare la vita di giovani donne veramente in gamba. Ho conosciuto molte atlete tra cui la vostra nuova compagna Nicole D’Agostin, di cui ho massima stima. Grazie a voi oggi ho molta più fiducia nei giovani, perché ho conosciuto persone che lottano ogni giorno e che sanno rinunciare a tante cose per inseguire degli obiettivi di vita. Senza sacrifici nulla ha sapore e i vostri stanno dando gusto anche al mio lavoro.
Sono un po’ genuinamente invidioso dei vostri padri.
Grazie ancora Martina… Spero di vederti presto sui campi di gara.