Salbutamolo e non solo

Salbutamolo e non solo
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Fervono le polemiche intorno a Chris Froome trovato con una quantità di Salbutamolo nelle urine superiore al consentito nella 18° tappa della Vuelta 2017.

Il Salbutamolo, sostanza con proprietà bronco dilatatorie, viene utilizzata sotto prescrizione medica da ciclisti professionisti e sportivi in generale sofferenti di Asma o altri problemi respiratori curabili con tale prodotto.

La norma antidoping a riguardo afferma quanto di seguito: “Salbutamolo per via inalatoria: al massimo 1600 microgrammi nell’arco delle 24 ore, in dosi frazionate senza superare la dose di 800 microgrammi nelle 12 ore, a decorrere da ogni dose… La presenza nelle urine di salbutamolo in quantità superiore a 1000 ng/ml …. non è compatibile con l’uso terapeutico della sostanza e verrà considerato Esito Avverso al controllo antidoping, tranne nel caso in cui l’Atleta provi, attraverso uno studio farmacocinetico controllato, che il risultato anomalo sia la conseguenza dell’uso di una dose terapeutica assunta per via inalatoria fino al valore massimo sopra indicato.” (tratto da: WADA Lista delle sostanze e metodi proibiti in vigore dal 1 gennaio 2018 del Codice Mondiale Antidoping).

L’asma è una malattia molto diffusa nel mondo e soprattutto nei paesi occidentali, probabilmente a causa del crescente inquinamento.

Negli Stati Uniti e in Inghilterra, ad esempio, la percentuale di popolazione che ne soffre sta raggiungendo la soglia del 10%, mentre in Italia siamo attorno al 4,5%, ossia circa 2,6 milioni di persone.

A livello mondiale, secondo i dati del “The Global Ashtma Report, sono circa 300 milioni le persone che soffrono di asma. Tra gli atleti olimpici i numeri sono leggermente più alti: già nel 2012 uno studio della University of Western Australia evidenziava come gli atleti asmatici presenti ai Giochi fossero l’8% del totale, ma il dato più evidente riguarda i picchi relativi a determinate discipline sportive: su nuoto, ciclismo, triathlon e sci di fondo si arriva al 15-20% dei casi.

Ma quanti sono i ciclisti che ne fanno uso? Quanti sono quindi quelli che soffrono di problemi respiratori curabili con questo prodotto? La cifra esatta non è in mio possesso ma i dati di pubblico dominio parlano di una percentuale superiore alla media mondiale.

Molti sono i medici e gli specialisti che si sono espressi su questo tema, soprattutto in seguito all’ultimo caso scoppiato che ha coinvolto, appunto, il campione Froome. Che sia doping o meno fatto sta che l’uso di questa sostanza è regolamentata dal Codice Mondiale Antidoping che ne limita l’utilizzo anche se concesso con prescrizione medica.

Perché allora non viene applicata tempestivamente la sanzione prevista? Perché, come nel caso Petacchi, si attende a lungo prima di applicare la sanzione con effetti retroattivi?

Certamente i tempi “legali” non sono mai brevi né in Italia né negli altri paesi e l’atleta ha tutto il diritto di difendersi però, dilatando spropositatamente i tempi, si vanno a compromettere non solo le prestazioni presenti e future dell’atleta oggetto dell’indagine, ma tutti gli equilibri delle competizioni a cui questi atleti partecipano.

Un tale comportamento, inevitabilmente, non fa altro che dare spazio a infinite polemiche, a mal di pancia e a colorare forse di grigio anche la più “rosa” delle corse italiane.

Sembra che questa sostanza permetta di respirare meglio ma che non trasformi di certo “un ronzino in un purosangue da corsa” e allora perché viene utilizzata così frequentemente? Sono tante le domande che non hanno una risposta univoca.

Sono tante anche quelle che possono nascere rileggendo diversi articoli sull’argomento doping come quello de Il Fatto Quotidiano del 25 gennaio 2016 dal titolo “Ciclismo, l’ultima frontiera del doping (legale): narcotici per eliminare la fatica. Ipotesi tramadolo all’origine delle cadute”. In quell’articolo e in molti altri (anche in libri quali “Confessioni di un ciclista mascherato” di Antoine Vayer – allenatore della Festina dal 1995 al 1998 e commentatore di Le Monde e Libération poi) si parla di uso legale di un antidolorifico oppioide facilmente reperibile in commercio.

Secondo quanto riportato dal Il Fatto quotidiano, un monitoraggio WADA evidenzierebbe che almeno il 5% dei ciclisti professionisti ne farebbe uso. Nel 2014 pare sia stato rilevato nel sangue di 675 ciclisti professionisti e che lo si utilizzi “..per non sentire la stanchezza, i crampi e i dolori muscolari e permettere sforzi che altrimenti non sarebbero possibili.”

Spero di avervi chiarito un po’ le idee anche se sono sicuro che ora avrete mille altre domande da porre e da porvi.

W il ciclismo sempre.