Oggi solo il 30% del pesce che arriva sulla tavola degli italiani viene pescato in Italia, il restante 70% è di provenienza estera.
Fonti attendibili dicono che nel 2050, se si continuerà con questo regime di sfruttamento dei nostri mari, non vi sarà più pesce ma solo plancton, meduse e plastica ( Donatella Bianchi – presidente WWF Italia).
Il pesce importato è prevalentemente surgelato e, come dicono le etichette, può essere anche consumato dopo due anni dal confezionamento. Le seppie possono essere sbiancate con l’uso dell’acqua ossigenata, le branchie di molte specie vengono rese rosse con l’ammoniaca mentre, con i polifosfati, si aumenta il peso del pesce perché fanno sì che trattengano l’acqua.
Sono solo alcuni esempi di come si altera, seppur legalmente, la freschezza del prodotto ittico. Molto pesce viene, in prima battuta, correttamente etichettato ma, passaggio dopo passaggio, le etichette spariscono e le informazioni diventano lacunose, incomplete e spesso totalmente assenti.
È una questione di educazione e di onestà. Da troppi anni si punta solo al profitto e al potere e si utilizza qualunque mezzo per raggiungere questi obiettivi.
Non si tiene conto della qualità di ciò che si dà da mangiare ma solo di guadagnare di più. Più malattie equivale a maggior spesa sanitaria e, a sua volta, maggior pressione fiscale.
Stessa cosa dicasi per i rifiuti: più se ne producono più si deve spendere per smaltirli e, seppur è chiaro a tutti quali problemi comportano, è un grande business per la criminalità organizzata che è in combutta con molti politicanti.
Ci rendiamo conto o no che stiamo distruggendo il pianeta? Cambiare si può, si deve, non pensate il contrario per non dovervi impegnare.