Col d’Izoard 2360 (2361) mt.

Col d'Izoard
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Il valico delle Alpi francesi è raggiungibile da Briancon, dopo circa diciannove chilometri di ascesa, o dal versante opposto partendo da Château-Ville-Vieille.

Come tutte le salite di questa zona, la difficoltà più grande che ho incontrato è stata il caldo.

Come l’Alpe d’Huez, il Galibier e altre, non hanno pendenze impossibili comunque non più della maggior parte delle Alpi italiane.

Essendo però quasi sempre esposte al sole, mettono veramente a dura prova i numerosi ciclisti che soffrono le alte temperature.

Lasciato il centro di Briancon si inizia quasi subito l’ascesa al mitico colle.

Quota di partenza 1220 metri slm, altitudine di arrivo 2361 metri slm: pendenza media 5,7%, pendenza massima 9,4%.

Perché mitica? Soprattutto grazie al Tour de France, la famosissima corsa a tappe francese, che l’ha inserita nel suo percorso ben trentacinque volte, contando quella del 25 luglio 2019.

La prima ascesa risale al 1922 con Philippe Thijs conquistatore del gpm.

Nel 1938 e nel 1948 il primo in cima e sul podio di Parigi fu il nostro grande Gino Bartali, alias Ginetaccio.

Nel 1949 fu la volta di un altro grande, Fausto Coppi. Nel 2003 la fa sua Claudio Chiappucci e nel 2006 è la volta di Stefano Garzelli.

Damiano Caruso, il 25 luglio 2019 valica il passo davanti a tutti.

Anche il Giro d’Italia ha travalicato il confine nazionale ed ha affrontato questo colle ben sette volte.

Gli italiani a raggiungere la vetta per primi nelle varie edizioni sono stati: Fausto Coppi nel 1949, Franco Bitossi nel 1964, Marco Pantani nel 1994, Francesco Casagrande nel 2000 e, l’ultimo, Danilo Di Luca nel 2007.

Mitica quindi, perché conquistata dai miti del ciclismo mondiale, mitica perché salita unica ed affascinante.

L’ho fatta anche io come migliaia di altri amanti delle due ruote a motore umano. Io che non sono certamente un mito in nulla ma, grazie a queste piccole conquiste, sono riuscito ad assaporare il gusto della storia, il gusto delle imprese passate e future che solo il sudore ti può far comprendere.

Pedalata dopo pedalata, ho pregato e rivissuto quel giorno in cui si acclamava la rinascita di Marco Pantani.

«Sì, lassù mi sono ritrovato» disse Marco Pantani dopo aver concluso la diciannovesima tappa (Saluzzo-Briancon) del Giro d’Italia del 2000.

Dopo ha aggiunto: «Questo risultato è venuto più dalla testa che dalle gambe»

Sul traguardo Pantani sussurrava: «Non ho mai pensato di vincere. Volevo aiutare Garzelli. Ho scoperto di essere bravo a fare il gregario». «Garzelli, imbarazzato, ad un certo punto mi ha detto “Vai via!”. Gli ho risposto “Sono qui per aiutarti”». «Ho voluto mettere da parte l’ orgoglio personale e dimostrare ai miei compagni che so lavorare per loro».

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