Il Diario di Anne Frank l’avevo letto forse a scuola tantissimi anni fa.
Ne sento parlare in continuazione ed ecco che ho voluto rileggere questo importante documento.
Sono entrato in un negozio di libri e l’ho acquistato.
Mi ha rapito con piacevole violenza, da una recensione che avevo intenzione di fare ne è nato, spontaneamente, un dialogo con una amica del cuore, con una persona che capisco e mi capisce come poche.
“Ho l’impressione che un domani né a me né a nessun altro potranno interessare le confidenze di una ragazzina tredicenne.”
Cara Anne come ti sbagliavi! Dalla prima edizione del 1947, generazioni intere in tutto il mondo hanno letto le tue pagine.
Non c’è alunno in Italia che non ne abbia almeno sentito parlare.
Ho iniziato a scorrere le prime righe, dal 12 giugno del 1942 al 1 luglio e ti dico subito che avevi proprio un bel caratterino, una bella “teppa” direbbe qualcuno.
D’altronde avevi 13 anni ed eri la secondogenita, come potevi essere diversa a quell’età?
C’era la guerra ed erano anni in cui:
- gli ebrei devono portare la stella giudaica;
- gli ebrei devono consegnare le biciclette;
- gli ebrei non possono prendere il tram;
- gli ebrei non possono andare in auto;
- gli ebrei non possono fare acquisti dalle 15.00 alle 17.00;
- gli ebrei possono andare solo dai parrucchieri ebrei;
- gli ebrei non possono uscire per strada dalle 20.00 alle 06.00 di mattina;
- gli ebrei non possono andare al teatro, al cinema e in altri luoghi di divertimento;
- gli ebrei non possono frequentare la piscina né i campi di tennis di hockey e quelli per gli altri sport;
- gli ebrei non possono andare in barca;
- gli ebrei non possono praticare nessuno sport all’aperto;
- gli ebrei non possono trattenersi nel proprio giardino né in quello di conoscenti dopo le 8.00 di sera;
- gli ebrei non possono andare a casa dei cristiani;
- gli ebrei devono frequentare scuole ebraiche e altre simili.
Come hai detto tu, “in tutta la terra non esiste inimicizia più grande di quella tra tedeschi ed ebrei“.
Negli anni successivi, sino a giungere ai miei, purtroppo, siamo stati testimoni di altre grandi “inimicizie“, l’uomo non impara dai propri errori, non lo vuole assolutamente fare.
Le sue debolezze, la sua cattiveria lo dominano ancora.
Sono al gennaio del 1943, e non ti nascondo che mi riconosco in buona parte nella descrizione che fai del tuo carattere, dei tuoi sentimenti.
Chissà quanti altri si sono specchiati nelle tue parole, quanti hanno visto se stessi nel tuo dolore.
Grazie a Dio sino ad oggi, e spero mai mi accada, non ho dovuto vivere mesi, anni in una casa a porte chiuse.
La non salute mi ha tenuto più volte segregato, fermo ed è una vera tortura.
Cara Anne Frank, deve essere stato un dolore immenso vivere, costretti da altri uomini, come scarti, come rifiuti, come esseri privi di alcuna dignità.
Vivere in quella clausura forzata, con le bombe e i colpi di mitraglia ad oscurare le notti già senza luce alcuna, deve essere stato tremendo.
I giorni passano per te che scrivi, cara Anne, e per me/noi che leggiamo le tue parole.
È quasi un anno che sei chiusa in quella casa, gli abiti che indossi non ti vanno più e non hai quasi nulla da mangiare e, comunque, sempre le stesse cose.
È il 2 maggio del 1943 quando ti poni molte domande tra cui questa:
“… come siamo potuti cadere tanto in basso, dato che a casa avevamo tutto così in ordine? Cadere in basso per quanto riguarda i comportamenti.“.
Me lo chiedo anche oggi, 75 anni dopo, come è possibile cadere così in basso, come è possibile non rendersi conto che stiamo ponendo le basi per un nuovo olocausto?
Come è possibile non mettere a frutto la tue e le altre testimonianze di quel dramma atroce?
Sai Anne, credo che non sia sufficiente studiare per capire. Sui libri si sgrezza l’ignoranza ma la sapienza viene da altro.
Ho letto pochi minuti fa ciò che hai scritto il 30 ottobre 1943 e ti posso assicurare che le tue parole potrebbero essere anche le mie.
Ho vissuto le stesse pressioni e situazioni durante la mia infanzia però i problemi io li avevo con papà.
Non ce l’ho mai avuta con mio fratello maggiore ma, certo è, che lui era considerato il “bravo” e io, come dici tu, “sono sempre stata la macchietta e la fannullona della famiglia, ho sempre dovuto scontare punizioni doppie“.
Nascere secondi, non è una scelta e ha delle conseguenze e delle tipicità anche belle, dobbiamo essere orgogliosi di questo ruolo, di questa posizione che ricopriamo.
Mentre fuori si alternavano spari e lanci di bombe a silenzi, inseguimenti e urla a calma piatta, tu e gli altri vivevate già da più di un anno in quel rifugio segreto.
Un anno e più senza uscire, senza sentire il sole sulla pelle, senza poter correre all’aria, senza poter mangiare normalmente, senza poter pedalare, nuotare, camminare, senza poter incontrare persone diverse dai coinquilini.
Tanti mesi segregata nella speranza che un giorno tutto questo finisca.
“sapere di essere libera, ecco cosa vorrei“.
Che violenza atroce ha commesso l’uomo contro l’umanità.
Grande lo spirito dell’uomo e meschine le sue azioni
Sono quasi due anni che sei chiusa in quella casa e i tuoi desideri son più che comprensibili:
“Vorrei tanto, vorrei tutto… parlare, essere libera, avere amici, essere sola. Vorrei tanto piangere…. sono totalmente confusa, non so cosa leggere, cosa scrivere, cosa fare, so soltanto che vorrei….” (12 febbraio 1944, Anne Frank)
Desidero anche io come te la libertà e l’aria, è doloroso non poterli assaporare perché qualcuno pensa che spettino solo a pochi.
È violenza assurda non poter gustare la Libertà che Dio ha donato a tutti.
“Quando guardavo dalla finestra e in realtà vedevo Dio e la natura, allora ero felice, nient’altro che felice“.
“Finché uno ha la felicità dentro, quando è felice per la natura, per la salute e tante altre cose, finché si porta dentro queste cose, potrà soltanto essere felice.“
“Prova, una volta che ti senti solo e infelice o di cattivo umore, a guardare fuori quando il tempo è così bello. Non le case e i tetti, ma il cielo. Finché potrai guardare il cielo senza timori, saprai di essere puro dentro e che tornerai ad essere felice” (23 febbraio 1944, Anne Frank)
Giovane Anne, hai proprio ragione, quanto vorrei che oltre al cielo tu avessi potuto scrutare anche il mare, non posso descriverti esaurientemente ciò che a me comunica.
Di certo, come hai detto tu, vedo Dio e la natura e sono felice.
Devo studiare per diventare giornalista
Saresti stata una brava scrittrice, i tuoi racconti sono precisi, dettagliati, avvincenti e coinvolgenti. Sicuramente il tuo sogno di diventare giornalista si sarebbe avverato se quell’uomo, o presunto tale, non avesse esercitato tutto quell’odio di cui è stato vittima assieme a milioni di innocenti.
Molti non ci ascoltano, con pochi possiamo parlare con la speranza di essere capiti ma, come hai detto tu, “la cosa più bella, tutto sommato, è che quello che provo e penso lo posso almeno scrivere, altrimenti soffocherei davvero“.
L’aver scritto a Kitty ci ha rivelato la parte più intima di te, i tuoi dubbi, le tue certezze, i tuoi cambiamenti e i tuoi sentimenti, la tua vita vissuta in quei pochi metri di casa, la tua voglia di verità.
“Chi non scrive non può sapere quanto sia bello scrivere … e se non ho il talento di scrivere per i giornali o i libri, be’, potrò pur sempre scrivere solo per me“
“Non voglio fare la fine di gran parte della gente, che non ha vissuto per uno scopo. Voglio essere utile o procurare gioia alle persone che vivono attorno a me … voglio continuare a vivere anche dopo la morte … sono davvero grata a Dio di avermi fatta nascere dandomi così la possibilità di svilupparmi e di scrivere, e dunque di esprimere quello che ho dentro!” (Giovedì 5 aprile 1944, Anne Frank)
“Vera” Anne Frank, queste tue parole che vivo esprimono esattamente il mio pensiero, quello che ho nel cuore e che mi fanno sentire intimamente connesso con te. Non avrei mai immaginato che, leggendo il tuo diario, mi sarei rivisto e riconosciuto.
Nella tua breve vita in questo mondo sei riuscita a realizzare il tuo desiderio di “vivere anche dopo la morte“, sei riuscita ad essere utile a migliaia e migliaia di persone
Con questo tuo diario, in cui esprimi veramente quello che hai dentro, sia nei momenti di gioia, di amore che di rabbia e vera collera, hai compiuto la tua missione.
Piccola Anne, ti definisci una ragazza strana, che vive in un tempo strano e in circostanze ancora più strane.
Oggi ti posso dire che sei stata una ragazza unica in un tempo unico, più che strano, tanto assurdo quanto realmente esistito.
Aver dovuto vivere rinchiusi in quattro mura per più di due anni, con persone estranee alla famiglia, aver dovuto vedere il cielo e il sole più con la fantasia che realmente, aver sognato e sperato nella fine di tutto questo senza sapere come e quando sarebbe finito.
Aver dovuto mangiare per giorni, mesi, sempre le stesse cose, verdure spesso vecchie, gnocchi “duri che ti restano sullo stomaco come pietre“, è stato possibile grazie ad una importante motivazione: “siamo ancora vivi“.
Ho letto di quando ti interroghi sul tuo corpo, sulle tue parti intime e su quelle dell’uomo “Peter”.
Non ti arrabbiare per il fatto che i genitori non ti spiegano nulla o evitano il discorso.
Se lo fanno spesso sono fugaci e imbarazzati. Non è stato molto diverso neanche per me che sono nato un bel po’ di anni dopo di te, ed anche oggi, alle porte del 2020, le cose non sono cambiate di molto.
Ci sono però genitori che spiegano le loro verità che alla fine producono più problemi che gioia.
La fine della guerra è così tremendamente lontana, così irreale, misteriosa e bella
“Siamo stati costretti a ricordarci di essere ebrei incarcerati in casa, privi di diritti, con migliaia di doveri. ” (Martedì 11 aprile 1944, Anne Frank)
“dobbiamo essere coraggiosi e forti, prenderci tutte le grane senza lamentarci, dobbiamo fare quello che possiamo ed avere fiducia in Dio. Prima o poi questa terribile guerra finirà e torneremo a essere uomini e non soltanto ebrei!” (Martedì 11 aprile 1944, Anne Frank)
“Quella notte ho capito che dovevo morire” (Martedì 11 aprile 1944, Anne Frank)
E’ nell’interesse e nei piani di molti governanti anche oggi, quello di farci dimenticare di essere tutti “uomini e donne“.
Ci vogliono distinguere in bianchi e neri, in gialli e rossi, in belli e brutti, in nordisti e sudisti, in atei e credenti, omettendo la verità ovvero, l’unica distinzione che veramente andrebbe fatta: onesti e disonesti, umani e disumani.
La falsità, l’ignoranza, la sete di potere uccide le idee, uccide i valori e con essi moltissimi di coloro che tentano di mantenerli vivi.
La verità non potrà mai soccombere, sopravviverà sempre qualcuno che la proclamerà all’universo intero.
Il 3 maggio del 1944 ti sei posta delle domande che ancora in tanti ci poniamo e che, secondo me, hanno risposte semplici.
Per i devoti all’ermetismo, alla cupidigia, questi quesiti restano volutamente avvolti dall’oscurità.
A cosa serve mai la guerra?
Perché si continuano a produrre bombe sempre più grandi, aerei sempre più grandi e case prefabbricate per la ricostruzione?
Perché ogni giorno si spendono milioni per la guerra e non c’è un centesimo per l’assistenza medica, gli artisti e la povera gente?
Perché la gente deve soffrire la fame quando in altre zone della terra c’è cibo in sovrappiù che va a male?
Perché gli uomini sono così folli?
Anne Frank, una risposta la dai tu:
“Non credo che la guerra sia causata solo dagli uomini grandi, dai governanti e dai capitalisti. No, il piccolo uomo la fa altrettanto volentieri, altrimenti i popoli si sarebbero ribellati già da molto tempo. Nell’uomo c’è proprio l’impulso di distruggere, di uccidere, di assassinare e infierire, e finché tutta l’umanità, senza eccezioni, non avrà subito una grande metamorfosi, la guerra continuerà ad infuriare, e tutto quello che è stato costruito, coltivato e cresciuto, sarà di nuovo distrutto e disintegrato, per poi ricominciare da capo!“
Piccola Anne hai detto più volte che in quella casa sei diventata più grande delle tue coetanee. Lo hai scritto anche a tuo padre in quella dura lettera che poi avete deciso di buttare nel caminetto.
La guerra, la segregazione, l’essere ebrei in quel determinato momento storico, le persecuzioni, il terrore di essere scoperti, il cibo che scarseggia sempre più, l’impossibilità di uscire a farsi accarezzare dal vento e scaldare dal sole, le notizie tremende dei lager che vi giungevano da radio Londra, non potevano far altro che farti crescere precocemente.
Certe tue domande, molte tue riflessioni non sono proprie di una quindicenne media.
“Continuo a chiedermi se non sarebbe stato meglio per tutti che non ci fossimo nascosti, e adesso fossimo morti senza dover soffrire tanto e soprattutto per salvaguardare gli altri. Anche questo ci spaventa tutti, amiamo ancora la vita, non ci siamo ancora dimenticati della voce della natura, speriamo ancora, speriamo per tutto“. (Venerdì 26 maggio 1944, Anne Frank)
Cara Anne Frank, come potevi non amare la vita a quindici anni? Come è stato possibile, piuttosto, che altri non amassero abbastanza da lasciare che ognuno ami liberamente?
Dalle tue parole si nota il segno del tempo feroce che trascorre, della paura che sale, l’inquietudine di non sapere se sarete liberi o deportati.
Le persone come te hanno il dono di capire e comprendere cose che ad altri non è dato nemmeno intuire. Come contropartita però, hai da soffrire tanto anche la solitudine causata dall’incomprensione.
Quanto giustificato entusiasmo nella tua pagina del 6 giugno del 1944. Radio Londra annunciava il D-Day, il grande giorno tanto atteso che sembrava non arrivare mai.
Un lumicino di speranza si è di nuovo acceso nei vostri cuori e ne avevate bisogno. Margot, tua sorella, ti diceva che presto sareste tornate a scuola perché, in quel 1944, la tremenda guerra sarebbe finita.
“This is the Day!” annunciava Radio Londra che voi ascoltavate ogni giorno con quel piccolo e vecchio apparecchio che avevate a disposizione.
Ed ecco che gli umori sono cambiati nel rifugio segreto, la vittoria sembra vicina e anche l’anelata liberazione ma arriveranno mai per davvero?
“Adesso non lo sappiamo ancora ma la speranza ci tiene in vita, ci da coraggio, ci ridà forza…. la cosa più bella dell’invasione è che ho la sensazione che siano in arrivo degli amici.”
Sono anni che i tedeschi vi opprimono, vi tengono il coltello alla gola ed è normale pensare che chiunque giunga a togliervi quell’invasore di torno sia da considerare amico.
La Francia, la Russia, l’Italia possono gridare Vittoria! ma i Paesi Bassi ancora no.
Saresti potuta diventare anche una grande reporter di guerra, lo si capisce da come racconti e commenti le notizie che giungono a voi, da come narri gli umori e le frustrazioni dei tuoi coinquilini, da come analizzi la situazione che vivi e la traduci in parole scritte.
Dall’analisi che fai del pensiero degli Olandesi, del loro pensare che gli Inglesi siano pigri e che andrebbero scossi come si fa con il cuscino, “poi forse i cervelli confusi si sistemeranno in posizioni un po’ migliori.” (Martedì 13 giugno 1944, Anne Frank).
La natura
“Sarà perché non metto il naso fuori da tanto tempo che tutto quello che riguarda la natura mi fa impazzire?“
In parte sicuramente è così ma nella sostanza, secondo me, caratteri come il nostro hanno bisogno di un contatto diretto con la natura, con l’aria, il sole, l’acqua, i monti, il verde, il mare tanto quanto con il cibo e forse ancor di più.
Quando tutto questo è a nostra disposizione quotidianamente lo viviamo e ci scordiamo che non sono scontati.
Quando, per cause di forza maggiore, ne veniamo privati dopo poco cerchiamo anche il centimetro di cielo, la stella tra le nuvole, la goccia di pioggia, tutto ci sembra di nuovo fantastico.
“la natura mi fa sentire piccola e mi da il coraggio di affrontare tutte le avversità! … la natura è l’unica cosa per cui non ci possono essere sostituti!” (Martedì 13 giugno 1944, Anne Frank) .
La donna
“perché la donna nei popoli, occupa un posto molto meno importante rispetto all’uomo? … Chiunque può dire che è ingiusto, ma a me non basta, vorrei tanto conoscere il motivo di questa grande ingiustizia!“
Piccola grande Anne, ciò che scrivi a riguardo è un vero trattato sulla donna, una analisi puntuale del passato, del presente e del futuro. Vivendo nel tuo futuro posso dirti che ciò che ti eri immaginata è accaduto davvero, la donna oggi ha conquistato quel ruolo che avrebbe dovuto occupare già da tempo.
Abbiamo altre aberranti situazioni da affrontare, chissà come le avresti descritte tu.
Ciò che scrivi non è propaganda “femminista”, è un rivendicare “il rispetto della donna, quello manca! In tutto il mondo l’uomo viene rispettato, perché non si può dire lo stesso della donna?“.
“Le donne … sono soldati … che lottano e soffrono per la sopravvivenza dell’umanità molto più di tanti eroi che non sanno fare altro che vantarsi.“
Quello che tu chiedi, e io ti appoggio al 100%, è il riconoscimento della dignità dell’essere “donna“.
Facile!
” Quando uno sa una cosa del genere“, essere debole,”perché non impegnarsi a cambiare, perché non educare il carattere? … Perché così è tanto più facile… Una vita pigra e disonesta deve essere anche facile!“
Anche oggi, più di 70 anni dopo, le cose non sono cambiate di molto. La facilità e i soldi corrompono molto in fretta.
Si segue ciò che è facile, che richiede meno impegno che fa guadagnare con poca fatica
“sono in cerca di un rimedio efficace contro la terribile parola facile“: sono sicuro che l’avresti trovato e che lo avresti detto a Peter, ma chi è attratto da quella parola potrebbe trovare troppo difficile ascoltare, sforzarsi di capire e cambiare.
“Meritarsi la fortuna significa impegnarsi ed agire per il bene, e non speculare ed essere pigri. La pigrizia può sembrare attraente, ma lavorare può dare soddisfazione.“
Quel martedì 1 agosto 1944 scrivi per l’ultima volta a Kitty e le racconti le due Anne Frank, “una contraddizione ambulante“. ” La mia anima è come se fosse divisa in due parti“, e le descrivi nei minimi dettagli.
Entrambe sono affascinati e fanno parte della stessa medaglia, quella piccola Anne che oggi noi tutti conosciamo attraverso questo fantastico “Diario“.
Le mie lacrime non bastano
Il mattino di tre giorni dopo, il 4 agosto del 1944, le SS si fermarono davanti alla palazzina in via Prinsengracht n.263: Anne Frank e gli altri occupanti il rifugio segreto sono stati traditi.
Furono arrestati tutti e 8 gli occupanti l’appartamento ed anche 2 dei loro protettori.
I rifugiati furono prima incarcerati poi trasferiti in un campo di concentramento di transito e poi spediti con l’ultimo treno ad Auschwitz, in Polonia, il 3 settembre dello stesso anno.
Margot e Anne, a fine ottobre, furono spedite nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Nell’inverno del 1944-45 scoppiò una epidemia di tifo che fece migliaia di morti.
Prima lasciò questo mondo Margot e poco dopo anche Anne, tra febbraio e marzo. Il 12 aprile 1945 il campo fu liberato dagli Inglesi.
L’unico sopravvissuto fu Otto Frank, il papà di Anne e Margot, grazie a lui è giunto a noi il diario di Anne.
L’ultima goccia
In questo racconto che faccio, molti di voi avranno notato che a volte, con Anne Frank, parlo al passato e altre al presente.
Non ho sbagliato verbi, o almeno l’ho fatto appositamente, perché la sento così vicina, così contemporanea che è come se ci parlassi oggi.
Il tuo carattere è molto simile al mio Anne, ed anche io come te, “mi faccio più rimproveri di quanti me ne vengano dagli altri” e tutti insieme, spesso sono una quantità tale da diventare insopportabile.
Ci sentiamo incompresi, ci sentiamo in qualche modo soli e perseguitati, un bersaglio mobile anche del fuoco amico.
In questi secondi ho terminato di leggere il tuo racconto, il primo e l’ultimo che hai scritto.
Non potrò confrontarmi più con altre tue parole che avresti potuto dipingere con la tua stilografica a 16,17,20,30,80 anni.
Ed è così non perché te ne sei andata come tutti un giorno ce ne andremo, ma a causa di altri uomini.
A causa di persone che, coscientemente e volontariamente, si sono messe al posto di dio, di un Dio non cristiano, di un Dio non Ebreo, di un dio minuscolo nato dalla malvagità, dall’ignoranza, dall'”impulso di distruggere, di uccidere, di assassinare e infierire” su gli altri.
Forse ricomincerò a leggere da capo il tuo “Diario“, continuerò certamente a riflettere sulle tue parole ben chiare.
Spero, intanto, che i “pigri“, i seguaci del “facile” che non avranno voglia di studiare le tue scritture, da questo mio piccolo dialogo con te possano trarre stimoli utili per non essere inutili.
Forse nessuno lo leggerà, probabilmente a pochi interesserà ciò che penso, ma cosa importa? Scrivendo ho imparato quale gioia porta con se la scrittura, me lo hai ricordato tu: “Chi non scrive non può sapere quanto sia bello scrivere … e se non ho il talento di scrivere per i giornali o i libri, be’, potrò pur sempre scrivere solo per me“.
Il tuo Amico per sempre Eugenio.
Scheda del libro
ANNE FRANK DIARIO
Edizione definitiva a cura di Mirjam Pressler approvata dall’Anne Frank Fonds.
Ed. Einaudi – ET Scrittori – pagine 397 – euro 10,00