Del mio faccio ciò che voglio

Del mio faccio ciò che voglio
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Sono convinto che per capire la parola di Dio contenuta nei Vangeli bisogna partite proprio da li e rimanere lì.

Nei secoli si è fatta tanta filosofia, tanti ragionamenti complessi.

Molti religiosi si sono trasformati in pensatori, in professori di filosofia, non me ne vogliate, dobbiamo ricordare però che Gesù è venuto per salvare tutti, per farsi capire da tutti non solo dagli eruditi e studiosi in genere.

Parlava in parabole ambientate tra pastori, pescatori e agricoltori perché di questo viveva il popolo di quel tempo.

Oggi forse avrebbe usato il gergo degli ingegneri, dei medici, parabole ambientate altrove.

Dalla parabola del padrone della vigna raccontata in Matteo 20, 1-16, colgo fondamentalmente due cose.

Se ragioniamo da umani può apparire molto ingiusto ciò che fa il padrone della vigna ma non è affatto così.

Aveva pattuito una cifra con tutti i chiamati e, al termine della giornata, ha dato loro quanto concordato.

Capisco che un po’ ci si possa innervosire dopo aver lavorato più degli altri, ma non c’è nulla da recriminare, nessun illecito è stato commesso.

Aveva detto che dava un talento e un talento ha dato.

Se ne avesse dato metà o nulla gli si potrebbe dare del bugiardo, ma non è così.

Il secondo punto sta anch’esso proprio nel testo: non posso fare delle mie cose ciò che voglio?

Come no! E nessuno può contestarlo.

Dio sa cose che noi non sappiamo e se decide così lo dobbiamo accettare e apprezzare.

In soldoni, perché arrabbiarsi e pretendere di più? Perché fare confronti o essere invidiosi?

Il padrone della vigna ha mantenuto la parola data, ha rispettato il “contratto di lavoro” e del suo può fare ciò che vuole.

Gesù parla bene, come potrebbe essere altrimenti?

La prossima volta, direi ai braccianti, trattate meglio, firmate un contratto piu generoso.

Gesù ha dato di che mangiare a tutti i braccianti, ha rispettato i patti, ha fatto con il suo ciò che ha ritenuto giusto.

Ha dato l’esempio a imprenditori e lavoratori di ogni epoca.

Perché essere invidiosi, perché essere tesi?

Tutti sono stati chiamati, tutti sono stati salvati e questo deve essere motivo di gioia per tutti.

Mt 20, 1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi»
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