Il primo sogno, la prima passione innata che ho avuto è stata quella per il canto, per la musica.
I primordi me li hanno raccontati, ero troppo piccolo per ricordare, ero appena nato, con pannolone incorporato.
Mia mamma mi racconta sempre che non mangiavo se non con la radio accesa, con il mangiadischi in azione.
Piangevo sempre se avevo sonno o fame o tutti e due ma con la musica, qualunque musica tacevo e mangiavo.
Alle elementari, ricordo bene, cantavo e ascoltavo musica. Avevo un mangiadischi arancione con un manico arancione, una fessura larga giusto per un 45 giri e non era arancione. Si chiamavano mangiadischi proprio perché si inseriva quell’oggetto di vinile sino a sparire all’interno di quello spazio angusto. Solo un pulsante, che agiva su una molla, poteva restituirlo.
Cantavo, suonavo con pentole, piatti, posate e altro. Alle medie volevo uno stereo, li chiamavamo così, avevano piatto, piastra e radio, tutto insieme.
Ma un giorno iniziarono le avvisaglie dell’inizio di un incubo. Non avevo pubblico ma lamentele sino a quando, in maniera brutale, papà e mamma e il resto della famiglia al seguito mi dissero che ero stonato, di finirla.
E io smisi, mi incazzai, era un incubo, era il mio primo progetto di vita, il mio primo sogno infranto contro un muro alzato dalla mia stessa famiglia.
Il mio fratello maggiore, nel frattempo suonava il flauto, il contralto sino ad iscriversi alle medie al conservatorio per studiare con successo flauto traverso.
Mi limitai ad ascoltare la musica, il canto a sognare e vivere sulle parole e le emozioni suscitate dalla melodia ma in silenzio, solo in privato qualche secondo, ogni tanto cantavo.
Non furono poche le autoradio estraibili a diventare sfogo delle mie frustrazioni e rabbia.
Sfortuna voleva che fossero estraibili, questo mi permetteva di prenderle e lanciarle.
Furono tantissimi i miei silenzi e le mie angosce legate alla non musica. Ho sempre ammirato coloro che potevano esprimersi con questo mezzo.
Cantare è stato il mio primo sogno, anche il primo infranto.
Nel mio cuore, in realtà, ho sempre cantato comunque. Ho avuto un pubblico eletto che non ha mai fatto caso alle mie stonature, Gesù, Maria, Giuseppe e tutti i fratelli lassù. O forse hanno con me infinita pazienza e non mi fanno pesare ciò che faccio.
Un giorno ho scoperto di riuscire a scrivere, ora lo faccio per Lui.