Francesco d’Assisi, personaggio umano quanto Santo, spesso narrato in maniera difforme dalla realtà, ci ha lasciato diversi pensieri raccolti nelle Fonti Francescane, un testo che ci narra l’Amore secondo la sua regola di vita.
Parla ai fratelli che scelgono da più di 800 anni di seguire il sentiero da lui tracciato. Parla a tutti noi dicendoci che vi è solo una via quella dettatagli da Gesù: “lo stesso Altissimo mi rivelo che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo“.
Amore per i lebbrosi
“Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo“.
Con queste parole inizia il Testamento di San Francesco, che lui stesso dettò prima della sua morte, nell’ottobre del 1226. Francesco lo chiamò “Il mio testamento” e disse che lo stava scrivendo “affinché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore“.
Quell’andare verso il lebbroso segna l’inizio della conversione di Francesco, la rinuncia all’io per abbracciare Lui.
Amore per i sacerdoti
“Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro.
E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri“.
“Dissero una volta alcuni frati a Francesco: « Padre, non vedi che i vescovi non ci permettono talora di predicare, obbligandoci a rimaner più giorni sfaccendati in certe città, prima che possiamo parlare al popolo? Sarebbe più conveniente che tu ci ottenessi un privilegio dal signor Papa, a vantaggio della salvezza delle anime ».
Francesco rispose con tono contrariato: « Voi, frati minori, non conoscete la volontà di Dio e non mi permettete di convertire tutto il mondo nel modo voluto da Dio. Infatti, io intendo innanzi tutto convertire i prelati con l’umiltà e il rispetto. E quando essi constateranno la nostra vita santa e la reverenza di cui li circondiamo saranno loro stessi a pregarvi di predicare e convertire il popolo. E attireranno a voi la gente meglio dei privilegi da voi agognati, che vi indurrebbero a insuperbire. Se sarete liberi da ogni tornaconto e persuaderete il popolo a rispettare i diritti delle chiese, i prelati vi chiederanno di ascoltare le confessioni dei loro fedeli. Oltre tutto, di questo non vi dovete preoccupare: quelli che si convertono trovano senza difficoltà dei confessori.
Io voglio per me questo privilegio dal Signore: non avere nessun privilegio dagli uomini, fuorché quello di essere rispettoso con tutti e di convertire la gente più con l’esempio che con le parole, conforme all’ideale della Regola”. (FF 1974 n. 115)
Amore per l’Eucarestia
“E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri“.
“Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte che santificano il corpo…. Tutti coloro, poi, che amministrano così santi misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li amministra illecitamente, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui. 5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.
Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, 7 poiché «l’uomo carnale non comprende le cose di Dio“. (Lettera ai Chierici FF 207-209)
Badate alla vostra dignità, fratelli sacerdoti, e siate santi perché egli è santo (Cfr. Lv 19,2). 24 E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra tutti gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così voi amatelo, riveritelo e onoratelo più di ogni altro uomo.
25 Grande miseria sarebbe, e miseranda meschinità se, avendo lui cosi presente, vi curaste di qualunque altra cosa che esista in tutto il mondo.
“Tutta l’umanità trepidi, I’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo (Gv 11,27). 27 O ammirabile altezza e degnazione stupenda!
O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!
28 Guardate, fratelli, I’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori (Sal 61,9); umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati (Cfr. 1Pt 5,6; Gc 4,10). 29 Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre“. (Lettera a tutto l’Ordine FF 220)
Amore per la Parola di Dio
“E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, cosi come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita“. (Testamento di San Francesco d’Assisi)
“Perciò, ammonisco tutti i miei frati e li incoraggio in Cristo perché, ovunque troveranno le divine parole scritte, come possono, le venerino e, per quanto spetti a loro, se non sono ben custodite o giacciono sconvenientemente disperse in qualche luogo, le raccolgano e le ripongano in posto decoroso, onorando nelle sue parole il Signore che le ha pronunciate. Molte cose infatti sono santificate mediante le parole di Dio e in virtù delle parole di Cristo si compie il sacramento dell’altare“. (Della venerazione per la Sacra Scrittura FF 225).
“E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelo che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò“. (Testamento di San Francesco d’Assisi)
Amore per “Madonna Povertà”
“Il Signore comanda nel Vangelo: «Attenzione, guardatevi da ogni malizia e avarizia»; e: «Guardatevi dalle preoccupazioni di questo mondo e dalle cure di questa vita». Perciò, nessun frate, ovunque sia e dovunque vada, in nessun modo prenda con sé o riceva da altri o permetta che sia ricevuta pecunia o denaro, né col pretesto di acquistare vesti o libri, né per compenso di alcun lavoro, insomma per nessuna ragione, se non per una manifesta necessità dei frati infermi; poiché non dobbiamo avere né attribuire alla pecunia e al denaro maggiore utilità che ai sassi.
E il diavolo vuole accecare quelli che li desiderano e li stimano più dei sassi. Badiamo, dunque, noi che abbiamo lasciato tutto, di non perdere, per sì poca cosa, il regno dei cieli.
E se troveremo in qualche luogo del denaro, non curiamocene, come della polvere che si calpesta, poiché è vanità delle vanità e tutto è vanità.
E se per caso, Dio non voglia, capitasse che un frate raccogliesse o avesse della pecunia o del denaro, eccettuato soltanto per la predetta necessità relativa agli infermi, tutti noi frati riteniamolo un falso frate e apostata e un ladro e un brigante, e un ricettatore di borse, a meno che non se ne penta sinceramente.
E in nessun modo i frati accettino né permettano di accettare, né cerchino, né facciano cercare pecunia per elemosina, né soldi per qualche casa o luogo, né si accompagnino con persona che vada in cerca di pecunia o
di denaro per tali luoghi. Altri servizi invece, che non sono contrari alla nostra forma di vita, i frati li possono fare nei luoghi con la benedizione di Dio.
Tuttavia, i frati, per una evidente necessità dei lebbrosi, possono chiedere l’elemosina per essi.
Si guardino però molto dalla pecunia. Similmente, tutti i frati si guardino di non andare in giro per alcun turpe guadagno“. (FF 28)
“Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient’altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l’apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare“. (FF 29)
“E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada“. (FF 30)
“E quando sarà necessario, vadano per l’elemosina.
E non si vergognino, ma si ricordino piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, onnipotente, rese la sua faccia come pietra durissima, né si vergognò; e fu povero e ospite, e visse di elemosine Lui e la beata Vergine e i suoi discepoli E quando gli uomini facessero loro vergogna e non volessero dare loro l’elemosina, ne ringrazino Iddio, poiché per tali umiliazioni riceveranno grande onore presso il tribunale del Signore nostro Gesù Cristo.
E sappiano che l’umiliazione è imputata non a coloro che la ricevono ma a coloro che la fanno.
E l’elemosina è l’eredità e la giustizia dovuta ai poveri; l’ha acquistata per noi il Signor nostro Gesù Cristo. E i frati che lavorano per acquistarla avranno grande ricompensa e la fanno guadagnare e acquistare a quelli
che la donano; poiché tutte le cose che gli uomini lasceranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle elemosine che hanno fatto riceveranno il premio dal Signore”. (FF 31)
“E con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose necessarie e gliele dia. E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in tutte quelle cose in cui Dio gli darà grazia. E colui che non mangia non giudichi colui che mangia.” (FF 32)
“Tra gli altri doni e carismi che il generoso Datore concesse a Francesco, vi fu un privilegio singolare: quello di crescere nelle ricchezze della semplicità attraverso l’amore per l’altissima povertà.
Il Santo, notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre, ma generosamente distribuì tutto quanto poteva avere.
Nessuno fu così avido d’oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica.
Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà .
Quanto a lui, dall’inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le mutande; e di questo fu contento“. (FF 1117)