L’ape in salita

L'ape in salita
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Oggi, mentre pedalavo, riflettevo come di consueto. Come capita spesso si vivono dei momenti che rinfrescano del ricordi, ed ecco che il sole, il vento e le colline difronte mi mostrano magicamente l’immagine dell’ape che mi ha punto l’anno scorso. Si, un pungiglione piantato sulla spalla destra a pochi centimetri dal mio delfino tatuato.

Pedalavo con l’obiettivo di raggiungere monte della Madonna, una delle più belle mete dei colli Euganei. Lassù c’è solo una piccola chiesetta e un bosco, un terrazzo panoramico e, purtroppo, da un po’ di anni, un grande traliccio con tante antenne.

Pedalata dopo pedalata, metro dopo metro in ascesa, stavo riflettendo sul perché un’ape ti punge per difendersi o difendere e poi muore.

Quella è le altre volte, non le avevo mai minacciate, mai tentato di fare loro del male ma un incontro casuale lungo le strade d’Italia, ci ha portato a scontrarci.

Loro mi hanno punto e sono morte. Io ho sofferto gran dolore ma è passato.

Pungono e muoiono, sono le api operaie improduttive che si sacrificano per proteggere l’ape regina e la loro comunità.

Perché lo fanno? Perché a queste creature il Creatore ha chiesto tale sacrificio?

Perché prima di pungere non valutano in maniera più approfondita se sei veramente un pericolo o un un’incontro casuale?

Piantando il pungiglione, direttamente collegato con il loro stomaco, muoiono e continuano ad iniettare veleno.

Tengono il pericolo distante e al tempo stesso ti fanno un dono impressionante: non ti rendono responsabile della loro fine.

Difendono il loro gruppo e non danno la colpa a te della loro morte. L’ape si assume la responsabilità piena del suo ruolo, della sua vita.

L’ape muore per salvare la sua famiglia e salva anche noi non facendoci sentire responsabili della sua morte.

Con il dolore ci lascia il suo ricordo, ci vuol far capire che non dobbiamo nuocere la sua operosa comunità.

L’ape.