Dopo lungo silenzio, Scinto si racconta (prima parte)

Luca Scinto
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Luca Scinto, dopo mesi di silenzio si è concesso per una intervista Instagram a Pro Cycling Fanta ed è andato a ruota libera. Di seguito la prima parte di questo suo lungo discorso. Vi sono diverse cose importanti, pertanto, lo pubblicherò a puntate per non mettere troppa carne al fuoco tutta in una volta. Seguiteci! Seguitelo!

Le origini

Ho iniziato per scherzo, giocavo a pallone in porta, un giorno fregai la bici di mio padre, la usava ogni tanto per andare a fare qualche giro.

Ero piccolo, avevo 12 anni, senza allenamento.

Andai con degli amatori, mi portarono a fare 100 km, mi ricordo che mia madre era in pensiero e mi cercava.

Un amico mio, che stravedeva per me, mi disse: Ma cosa giochi a pallone, vieni a Chiesanuova, una piccola società Chiesanuova Uzzanese.

Non avevamo tanti soldi, la bici bisognava comprarla per correre.

Mia mamma, anche mia nonna, mio nonno fecero dei grossi sacrifici per comprarmi la bici la mia prima bici è stata una una Fanini, la seconda è stata una Morini, le faceva un artigiano di Pieve a Nievole tutte a mano.

Da lì in poi ho cominciato a correre.

Sono poi passato dal Chiesanuova alla Biochimica di Santa Croce. Ho trovato una persona eccezionale Dario, che mi ha assunto a lavorare in una stampatrice di pelli, è stato come un secondo babbo per me dove mi ha fatto subito provare il “morso del lupo”.

Li ho capito la differenza tra andare a lavorare e andare in bici. Stare li dalla mattina alla sera a battere pelli mi ha fatto capire che andare in bici è tutta un’altra cosa.

La carriera

Poi è cominciata la mia carriera da juniores, non sono mai stato un grande vincitore sono sempre stato un piazzato, ricordo primo anno addirittura 8 secondi posti senza vincere una gara poi, il secondo anno vinsi 4 corse, tutte belle.

Mi ricordo il campionato italiano a Saltara dove mi ripresero a 200 metri dall’arrivo, lo vinse Baldato. Qualcosa si intravvedeva!

Poi il primo anno da militare, in compagnia atleti, sono riuscito a vincere da dilettante una corsa in circuito. C’era anche Cipollini e tutti questi corridori qua, arrivammo in 2 e vinsi in volata.

Da dilettante ho vinto ogni anno.

Allora non era facile passare professionista come passano ora con più facilità e sono passato tardi a 24 anni però penso di essere passato maturo grazie al mio amico Maximilian Sciandri.

Mi allenavo con lui, abitavamo vicini di casa, credeva nelle mie possibilità poi Ferretti si innamorò di me e io mi innamorai di Ferretti è stato il mio maestro anche dopo quando sono sceso di bici. Ho imparato tante cose da lui perché per me è un grande tecnico, rimarrà uno dei tecnici più bravi in circolazione.

Era un vero tecnico perché parlava con gli atleti e faceva un lavoro diverso da quello che i direttori fanno di questi tempi…. Praticamente ora è uno che lavora col computer, manda email ai corridori camera per camera, non gli affronta mai di petto, non li guarda negli occhi. E’ cambiato il modo di fare il direttore sportivo. Sono sempre stato con la mentalità di una volta.

La vittoria da professionista a cui tengo di più è stata Camaiore, era una pre-mondiale. Mi sono trovato in fuga tutto il tempo e poi dopo il finale dovevo lavorare per Gianni Bugno. Lui mi disse che se avevo gambe potevo provare la mia chance. Mi ricordo sempre che tirava Casagrande che ha dato il cambio a Marco Pantani in cima una piccola salitina che si chiama il Monte Magno, partii, presi 150 metri sul gruppetto e alla fine sono arrivato da solo. A quei tempi c’erano Pantani, Bugno Fondriest e Podenzana, Bartoli, Cassani, tutti.

Le corse che facevano a quei tempi lì erano le migliori al mondo. Una volta Camaiore era una corsa a cui partecipavano tutti i migliori.

Pantani

Ho avuto l’onore di correrci insieme – con Pantani – ho avuto la fortuna di ammirare la sua forza, la sua determinazione la sua testa, la sua vitalità. Aveva un carisma, era un personaggio immenso, a prescindere dalle sue vittorie, era una persona eccezionale sotto tutti i punti di vista.

Poi quando uno è morto ne parlano tutti bene però io ho sempre parlato bene di lui anche in corsa. Ho sempre parlato bene di lui e lui sempre bene nei miei confronti per il lavoro di gregario.

Lui è stato uno di quelli che ha fatto guadagnare tanti corridori è aumentato il valore del gregario, a fatto alzare il guadagno dei gregari.

Le figlie

L’importante è che studiano, sono intelligenti, una si sta per laureare e l’altra ha iniziato da un anno. Spero abbiano un avvenire migliore del mio, se non studi credo che la possibilità di migliorarsi non c’è. Studiare credo che sia la cosa principale.

Da ciclista a DS

Credo che, chiunque mi può criticare anche il mio metodo, che fare direttore sportivo sia una cosa che hai dentro data da madre natura. Poi ci puoi mettere del tuo però deve avere il tuo Carisma devi avere le tue convinzioni devi avere le tue regole, la tua testa. Ho avuto la possibilità di farlo e sono riuscito a farlo, ripeto, ho avuto parecchi maestri.

Il top è stato Giancarlo Ferretti che poteva fare il grande padrone perché era manager e direttore era più facile erò diciamo che il mio obiettivo è sempre stato lavorare con i giovani perché mi piace lavorare i giovani, però credo che direttore sportivo ci si nasce.

Devi avere un certo carisma e devi, innanzi tutto, parlare chiaro ai corridori, nel bene e nel male quando parli chiaro e dici la verità nel bene e nel male, sei diretto con gli atleti, credo sia la cosa principale per avere rispetto poi.

Vita da ciclista

Da corridore fare sacrifici è una cosa facile, lo dico sempre anche ai giovani che il sacrificio le rinunce che devi fare io l’ho fatte da giovane.

Non c’è né sacrificio quando una cosa la fai con passione, da atleta non devi sentire né sacrificio né le rinunce. Quando da atleta senti il sacrificio, senti il peso delle rinunce a questo punto vuol dire che non è il tuo lavoro, devi smettere perché deve venire tutto facile, non ti deve pesare andare a letto presto, non ti deve pesare fare le cose da atleta, allenarti ecc.

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