Sono loro la vera ricchezza per la Chiesa, i poveri.
Nel 258 d.C. a un giovane diacono di nome Lorenzo gli venne promessa salva la vita se avesse consegnato all’imperatore Valeriano le ricchezze della Chiesa e lui si presentò in testa ad un corteo di poveri e disse: «Ecco, questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono»5. Quel giovane il 10 agosto venne bruciato su una graticola e mentre lo cuocevano disse ancora: «sono cotto da questa parte, girami dall’altra e poi mangiami»6. Quell’uomo di 33 anni fu proclamato Santo e diventò San Lorenzo che ricordiamo ogni 10 agosto, nella notte delle stelle cadenti.
La famiglia sterile è quella che non sa o non vuole accogliere, quella che si chiude in se stessa e si commisera. La famiglia fertile invece è quella che guarda a Dio attraverso le sue creature più care, le persone.
Bisogna essere pronti alle delusioni perché le persone deludono sempre.
Questo accade perché la nostra natura umana ci porta ad aspettarci qualche cosa da loro, e quando ciò che ci immaginiamo debba accadere non accade rimaniamo delusi, ci rattristiamo, soffriamo.
La soluzione non la dobbiamo quindi cercare negli altri ma in noi stessi e Gesù ci indica la strada, la migliore: «In verità vi dico che qualunque cosa avrete fatto al più piccolo di questi miei fratelli lo avete fatto a me stesso»1.
Le «sisters» ne hanno fatto la loro missione e dovremmo farlo anche noi, fare tutto per Dio. Colui che si è fatto uomo per espiare i nostri peccati, per salvarci, si presenta ogni giorno nella nostra vita attraverso i fratelli, le sorelle, i poveri, i bisognosi, tutte le persone che incontriamo quotidianamente.
È molto difficile riconoscere Dio in certe persone, almeno per me, ma Dio ci aiuta anche in questo: nulla è impossibile a Dio. «Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo»2 disse nel 1978 Santo Giovanni Paolo II, aprite le porte all’uomo voleva dire, dando da bere a un assetato date da bere a Dio.
«Se non si è dato tutto non si è dato nulla»3: pochi sono quelli che riescono a mettere in pratica questo principio. Come diceva Madre Teresa «noi trattiamo i poveri come secchi dell’immondizia, diamo loro quello che non usiamo più, il superfluo, quello che scartiamo»4.
Se ci riflettiamo, chi più chi meno, tutti ci comportiamo in questo modo, ritengo però che sia utile dare ai bisognosi anche ciò che non utilizziamo poiché, ad esempio, anche un cappotto che a noi non serve, che a noi non piace più, può tenere caldo ed essere tanto prezioso per chi trascorre le notti all’addiaccio, quanto inutile ed ingombrante nel nostro armadio.
Certamente c’è chi ha dato tutto, ma quello che ci viene chiesto anzitutto è condividere con gli altri, riconoscere negli altri delle persone indipendentemente dal loro stato sociale, da quanti soldi possiedono o da come si comportano. Ci sono persone che si trovano in situazioni di povertà non perché hanno scialacquato il loro patrimonio, ma per aver perso il lavoro, per malattia, per essere stati abbandonati, per mille motivi.
Donare loro un po’ di dignità non costa molto, ed è un nostro dovere e un loro diritto.
Lo so che vedendo certi comportamenti umani è difficile vedere Dio in loro, lo so che vedendo gente disposta a tutto per denaro, gente che sfreccia in moto o in auto senza pensare agli altri che transitano sulla stessa strada mettendo a rischio l’altrui e la propria vita, gente che si accoltella, multinazionali che vendono armi sperando che le usino così da poter vendere anche protesi per arti amputati, fa più pensare al diavolo che al volto di Cristo.
Dio ama tutti, siamo tutti fatti a Sua immagine e somiglianza e Lui ci lascia liberi di scegliere, liberi di agire, liberi di amarlo o rinnegarlo, liberi di seguirlo o sfuggirgli ma, sino all’ultimo istante ci dà la possibilità di riconoscerlo e di abbracciarlo, di scegliere tra l’inferno e il paradiso.
1Matteo 25, 36-40
2Giovanni Paolo II, omelia per l’inizio del Pontificato, 22 ottobre 1978
3Santa Madre Teresa di Calcutta
4Santa Madre Teresa di Calcutta
5San Lorenzo, Wikipedia
6Sant’Ambrogio, De Officiis Ministrorum, Libri Tres, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Roma, 1977, pp. 148-151.
Tratto da: Storie d’Amore che non interessano a nessuno di Eugenio Malaspina