Capo Caccia

Capo Caccia
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Sveglia alle 6.30, fuori è ancora buio e il cielo è ricoperto di nuvole.

Dopo una veloce colazione prepariamo l’attrezzatura, la carichiamo in auto e partiamo: sono le 7.30 circa.

Un’ora e un quarto di strada separa la nostra residenza dal diving (BadesiCapo Galera).

Giungiamo al bivio Capo Caccia-Alghero, svoltiamo verso Alghero e dopo pochi chilometri troviamo le indicazioni per il diving.

Svoltiamo a destra per una stradina stretta ma asfaltata e giungiamo in prossimità della spiaggia del “Lazzaretto”, riconoscibile per i resti di una antica torre di guardia (queste torri sono molto diffuse in Sardegna).

Proseguiamo lungo la strada e a poco più di un chilometro, all’interno di una corte, troviamo una villa bianca con le imposte azzurre posizionata in cima ad una scogliera.

E’ la sede del diving “Capo Galera“, direttamente sul mare e a pochi chilometri da Alghero e dall’aeroporto di Fertilia.

Questi è più di un centro immersioni: sponsorizzato dalla Cressi Sub, offre camere con bagno e bungalow in mezzo al verde direttamente sul mare in un posto tranquillissimo, per veri amanti del blu e della natura in generale.

Sono a disposizione della clientela tavolate dove poter consumare i propri piatti senza staccare lo sguardo dal protagonista: “Nettuno”.

Una scaletta di pietra, dal cortile ricoperto di prato inglese curatissimo, conduce al terrazzo al livello del mare e al piccolo molo dove sono ormeggiati: un gommone BWA da 7,40 mt. e “Patrizia”, una rinomata imbarcazione Aprea da 15 mt.

Dopo aver scambiato quattro parole con alcuni membri dello Staff, abbiamo riposto in una cesta di plastica la nostra attrezzatura personale e l’abbiamo trasferite su una barchetta che, fissata su due supporti dotati di ruote di ferro,posizionati su un binario, funge da montacarichi.

Agganciata, tramite un cavo d’acciaio, ad un potente argano, viene utilizzata per trasferire i materiali dal diving al molo e viceversa (una bellissima e gradita trovata).

Scesi al molo, saliti in barca, trasferiti gli equipaggiamenti personali mediante un veloce ed efficace passa-mano, siamo pronti per partire.

Molliamo gli ormeggi e dirigiamo la prua verso la punta estrema del promontorio di “Capo Caccia”.

La navigazione è confortevole, ma non veloce e ci permette di prendere un po’ di sole e di assemblare il gruppo ARA in tutta tranquillità.

Giunti a destinazione, in prossimità della grotta della madonnina, sul lato Sud (a Nord c’è mare grosso – Maestrale), caliamo l’ancora.

Ci dividiamo in piccoli gruppi: noi siamo in 3. Iniziamo a scendere, raggiungiamo una profondità massima di 41 metri, sotto di noi si estendono in lunghezza grandi rocce, alcune delle quali hanno uno sviluppo verticale.

Vi sono numerosissime insenature, anfratti e buchi che appaiono subito ideali come tane per pesci e crostacei.

Appoggiati sulla vegetazione del fondale, notiamo numerosi nudibranchi: flabelline, discodoris astromaculata (vacchette di mare).

Risalendo alla quota di circa venti metri avvistiamo un numeroso branco di barracuda non molto grandi, e da li a breve alcuni dentici.

I saraghi, le donzelle, le mormore e le castagnole non si contano nemmeno da quante sono. Quasi per caso ci accorgiamo che da una piccola apertura su un grosso sasso sporgono le antenne di una minuscola aragosta.

Proseguiamo il nostro giro alla quota di 14 metri.

Ci troviamo davanti due piccoli archi di roccia attraverso cui ammiriamo una grande insenatura.

All’interno della quale se ne aprono numerose altre. Alcune sono ceche, altre sembrano proseguire nell’oscurità.

Tutte le pareti sono ricoperte di spugne, e il soffitto di parazoanthus (margherite di mare). Ci soffermiamo a scrutare, con l’ausilio delle nostre torce, metro per metro queste insenature, e ci troviamo di fronte, galatee, stenopus, e altri piccoli gamberetti.

La cosa che colpisce di più di queste grotte (molto diffuse in questo promontorio, vedi grotta di Nereo) sono gli effetti di luce, difficili da descrivere e impossibili da dimenticare.

Un contrasto tra il nero e varie tonalità di blu, azzurro, sino al bianco. Un ruolo importante lo fanno sicuramente il sole, con la giusta inclinazione, e l’acqua a dir poco trasparente.

Attraversiamo alcuni archi di roccia sospesi nel blu, ci dirigiamo verso l’ancora dalla quale iniziamo la risalita verso la superficie.

Sostiamo a cinque metri per effettuare la sosta di sicurezza (come da manuale) e al termine, con un tempo totale di immersione di 62’, riemergiamo.

Una volta tutti a bordo; io per ultimo come al solito (è un’enorme sofferenza per me uscire dall’acqua), salpata l’ancora ripartiamo alla volta del diving.

Giunti alla meta, sciacquata l’attrezzatura e caricata in auto, dopo aver salutato e ringraziato tutti, ci trasferiamo alla vicina spiaggia delle “Bombarde” per consumare il nostro pranzetto al sacco.

Ore 17.30 rientro al capo base (Badesi – Residence “Le Onde”)