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Giro della frana del Vajont
Il 9 ottobre 1963, 60 anni fa, in una notte di autunno, accadde quello che tutti temevano ma che i tecnici della SADE negavano.
Si staccò una enorme frana dal monte TOC e scivolò violentemente nel sottostante bacino artificiale, invaso realizzato con la costruzione dell’imponente diga detta del Vajont.
Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle tra Erto e Casso, che confluisce nel fiume Piave in località Longarone.
I primi paesi colpiti furono proprio Erto e Casso, nelle vicinanze del lago artificiale.
L’acqua tracimò al di la della diga e si abbatté violentemente sul fondo valle e sulla città di Longarone che venne spazzata via in pochi minuti.
Prima dell’acqua fu il vento, generato dallo spostamento dell”enorme massa liquida in movimento, a mietere morte e distruzione ai piedi del grande muro.
Ufficialmente sono 1917 le persone uccise quella notte dalla smania di grandezza dei tecnici e progettisti della SADE, di cui 486 bambini. 31 non sono mai nati, non hanno mai lasciato il grembo delle loro madri.
Solo 700 caduti hanno oggi un nome su una lapide.
Quei tecnici trascurarono le fragilità di quel territorio, se ne infischiarono di tutti coloro che segnalavano problemi e portavano prove della fragilità di quel monte. Dopo anni di udienze le responsabilità furono accertate.
Il processo si celebrò dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971.
Si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la prevedibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. (Leggi articolo)
La frana del Vajont
Alle 22 e 39 di quel 9 ottobre, si staccarono 270 milioni di metri cubi di roccia alla velocità di 30 metri al secondo. Quanta roba è? Tanta, basta salire a Erto e a Casso e guardarsi attorno per rendersene conto.
115 milioni di metri cubi di acqua vennero colpiti da 270 milioni di metri cubi di roccia, alberi, detriti. Si sviluppò un’onda alta 250 metri e circa 30 milioni di metri cubi di acqua e fango passarono al di là della diga.
Vennero spazzati via i borghi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, e una parte di Erto
Furono seriamente danneggiati gli abitati di Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna.
Danni meno rivelanti ma non trascurabili anche a Soverzene, Ponte nelle Alpi, Belluno e Borgo Piave, Quero Vas, Caorera a causa dell’ingrossamento del fiume Piave.
Fu una tragedia di proporzioni abnormi che si sarebbe potuta evitare visto che i segnali premonitori erano evidenti e anche studi che sconsigliavano la realizzazione della diga ce n’erano.
Queste zone, sino a pochi anni fa poco frequentate, oggi sono meta di migliaia di turisti che vengono a visitarle.
I paesi danno i primi segni di rinascita dopo essere stati abbandonati alle intemperie e alla violenza del tempo che passa.
Vi consiglio di leggere anche questo mio articolo: 2000 morti e tanta vita.
Oggi, anche oggi preghiamo per le vittime di tutte le tragedie umane.
L’itinerario – Vajont
In occasione dell’anniversario di questo evitabilissimo tragico evento vi racconto un giro da fare in bicicletta assolutamente. Si pedala prevalentemente sulla strada costruita in parte sulla frana e in parte lungo la parete del monte Toc.
È molto semplice, impossibile sbagliare: vi suggerisco di parcheggiare l’auto nella grande area di sosta di fronte al Bar ristoro La Roccia.
Da qui si inizia a salire lungo l’unica strada esistente. È stretta, l’asfalto non è in ottime condizioni ma neanche le peggiori, la natura sovrastante e affascinante quanto i paesaggi che si mostrano ai nostri occhi. Non c’è nient’altro da fare che guardare, pedalare e riflettere su quanto accaduto 60 anni orsono.
Dopo circa 8 chilometri ondulati, si ritorna sulla SR 251, che collega Longarone e Barcis e Montereale Valcellina. Svoltiamo a sinistra e la percorriamo sino ad incontrare la salitella che porta in centro ad Erto nuova. Qui vi sono 2 bar e il laboratorio di Mauro Corona, scrittore, scultore e personaggio televisivo. Visitato questo paese di cemento, si scende, si attraversa la regionale e si entra a Erto vecchia (il paese, negli ultimi anni, sta riprendendo vita).
Al termine del paese, si ritorna in SR 251 e si svolta poi a destra in via Motta per raggiungere Casso. La salita non è lunga ma abbastanza impegnativa. Il paese va visitato e lo si deve fare a piedi.
Ora tornare all’auto e facile, è tutta discesa. l’itinerario è alla portata di tutti, sono appena 20 km. Se decidete di farlo in senso contrario, le difficoltà altimetriche sono leggermente superiori.