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Nato in barca in mezzo al mare sognando la bici, since 1968

Nato in barca in mezzo al mare sognando la bici, since 1968
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Qualcosa di straordinario

Ora che sono in casa in convalescenza, e che a malapena riesco a farmi una doccia, ora che mi trovo a guardare film come “Le parole che non ti ho mai detto” (1999) e “Qualcosa di straordinario” (2012), film su delle balene salvate dai ghiacci del polo nord, ho tutto il tempo di solcare i mille mari della mia mente, le miglia nautiche dei miei desideri di una vita, i sogni realizzati, quelli infranti e quelli ancora inseguiti seppur con la consapevolezza che il tempo stringe e potrei non farcela.

Madre Teresa di Calcutta, che ho conosciuto dando un piccolo contributo all’operato delle sue sorelle Missionarie della Carità, diceva: “so dove voglio arrivare ma non so come arrivarci“.

Il filo conduttore è sempre l’elemento che sta alla base della nostra vita, della nostra esistenza, del nostro stesso corpo, l’acqua sotto tutte le sue forme e vastità.

È quello che si ha nell’intimo sin da prima della nascita, prima del concepimento, quello che abbiamo in noi quando lassù qualcuno ci ha voluto dare la vita.

Da sempre dico che il mare è la mia vita e la bicicletta il mio sport.

Nella mia famiglia nessuno ha mai corso in bici. Non parlo solo dei genitori, dei fratelli e sorella, neanche nipoti, cugini, e parenti sino al 3° o 4° grado.

Eppure ho sempre sognato una bici da corsa, ho iniziato a gustare le grandi competizioni da quando avevo 6 anni, da solo senza che nessuno mi imboccasse di questo strano cibo della passione.

Non mi interessavano i motorini, giocavo a calcio come tutti i bimbi, a tennis, a palla volo sulle strade di casa, ma nulla mi attraeva come le bici dei Moser, Saronni, Hinault ecc.

Nulla eccetto il mare.

Bicicletta e acqua, acqua e ruote, poi acqua, bici e ragazze.
Ho passato l’adolescenza a sognare il mare, a remare su un canotto sgangherato a rattoppato sognando grandi imprese, eroici salvataggi, soprattutto di donne in difficoltà.

Mi sono immaginato imbarcato su sottomarini, pronto a lanciarmi in imprese di ricerca e recupero. Ho desiderato le stesse azioni su una imbarcazione inaffondabile della guardia costiera.

All’età di quattordici anni mi son fatto mandare le carte per l’arruolamento alla scuola sottufficiali della Marina Militare Italiana. Compilai la domanda  ma, data l’età mi serviva il consenso dei genitori che non ci fu.

Ci rimasi molto male ma dopo qualche tempo compresi, le motivazioni di mio padre erano del tutto legittime.

Con la maggiore età arrivò il momento del servizio militare di leva allora obbligatorio.

In tutti i corpi era di 12 mesi tranne che in Marina dove se ne facevano 18.
Presentai la mia domanda sognando la bella divisa bianca ma anche questa volta non fu accolta.
Tentati di entrare come ufficiale di complemento, vi erano migliaia di contendenti per pochissimi posti: il mio non c’era.

Venni arruolato in Aeronautica Militare quale tecnico marconista e fui inviato a Taranto, presso l’Aeroporto Luigi Bologna che dava proprio sul “mare piccolo”, a breve distanza dalla base navale dove sarei probabilmente andato una volta in Marina.

Il mare era comunque lì a portata di mano, a portata di gambe, infatti nelle poche ore libere vi si andava a nuotare.
Feci anche un servizio di ronda presso la città vecchia, nei pressi del ponte girevole che si apre ogni qualvolta le navi militari devono uscire in mare aperto.

Vedi GOOGLE MAP

Ero raccomandato, il mare solo dentro di me

Rimasi due mesi e poi addio mare, fui raccomandato, ricevetti un bel calcione nel sedere, da Taranto mi mandarono a Dobbiaco, in Trentino Alto Adige, al confine con l’Austria, il mare c’era solo dentro di me.

Dei mesi a Taranto mi rimangono bei ricordi, momenti anche molto tristi, fu la prima volta che rimasi lontano da casa per ben 43 giorni consecutivi. Mi rimangono gli affetti, dei grandi amici incontrati e conosciuti nella casa di Dio poco distante la base.

Mi rimane una grande amicizia con Rita, che resiste tutt’oggi.

Da Taranto a Dobbiaco (Vedi GOOGLE MAP )

Undici ore di treno e arrivai a Padova e da lì, il giorno seguente salii a Dobbiaco.
Ero in montagna sempre con il mare dentro, nessuno e niente può toglierti di dosso ciò che è inciso nel DNA.
Scherzi del destino.
C’è moltissima gente terrorizzata dall’acqua, dal mare dove non si tocca. Persino una campionessa del mondo è olimpionica come Federica Pellegrini ha dichiarato di nuotare solo dove vede il fondo e si possono mettere i piedi a terra.

Per me è ben diverso! È proprio nelle profondità che trovo serenità, comfort e rilassamento.
Dovettero passare ancora degli anni prima che potessi iniziare a realizzare il mio sogno.

La subacquea era uno sport per pochi.

Costava molto e le scuole italiane, vi era solo la didattica FIPSAS, erano particolarmente dure, esigenti.
Pensavano che tutti dovessero diventare “uomini rana“, Incursori della Marina, mentalità stravolta dalle didattiche americane come PADI e SSI.

Era l’autunno del 1998 quando iniziai il corso di 1° grado FIPSAS. Già da qualche anno lavoravo, mi ero sposato nel 1994, dovevo render conto solo a mia moglie e non chiedere soldi a nessuno.
Tra corso e attrezzatura spesi una bella cifra. Prima di tutto acquistai pinne, maschera, muta e snorkel. Poco dopo un profondimetro, le tabelle plastificate e una lavagnetta subacquea.

Alla vigilia delle prime uscite in acque libere, acquistai erogatori e GAV (giubbetto ad assetto variabile), una sorta di gilet gonfiabile che fa le funzioni della vescica natatoria dei pesci.

Ci portavano in pieno inverno ad immergerci in cave e laghi, indossavo solo una 5 mm monopezzo e un gilet 3 millimetri  come sottomuta.
Oggi non so proprio dire come facevo, adesso in inverno mi immergo poco e solo con muta stagna.
Si andava a Castel di Godego a Treviso o a Riva del Garda.
Solo nell’estate del 1999 misi la testa sotto l’acqua salata.

Con alcuni compagni di corso e le loro famiglie andammo una settimana all’isola d’Elba, località Sant’Andrea di Marciana Marina.
Avevo acquistato un gommone usato, un Bat da 5,5 metri con un fuoribordo 25hp, che sostituì l’anno seguente con un altro usato da 50hp. 

Per tale tipo di potenza serve la patente nautica che feci durante l’inverno.

Quello stesso anno, a dicembre, andai per la prima volta in Mar Rosso dove mi immersi rimanendo folgorato dalla bellezza di quel Paradiso.

Qui vi racconto la mia prima immersione, cliccate.

Seguirà secondo episodio

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