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Politica e Sport da sempre unite
“Il legame fra sport e politica è talmente stretto che è assurdo ipotizzare che le due sfere si possano dividere, tenendo la politica fuori dallo sport” (Richard Giulianotti – Treccani).
C’è ancora gente che ritiene squallido mescolare politica e sport, vi sono ancora persone che vivono in un mondo astratto che pensano che sport e politica siano universi indipendenti.
Probabilmente la storia non sanno cosa sia, non ricordano, non dicono, ignorano millenni di vita.
Repubblica di Platone: “dopo la musica, i giovani vanno formati con la ginnastica… bisogna dunque che anche con questa, siano accuratamente allevati per tutta la vita, cominciando fin da bambini”.
Salvo forse qualche rara eccezione, tutte le competizioni sportive sono sempre state caratterizzate dall’agonismo dei partecipanti e degli stati rappresentati.
Il barone Pierre de Coubertin, vedeva nei giochi olimpici e nelle competizioni sportive in generale, un modo alternativo per risolvere dispute di politica estera, alternativo ai conflitti bellici.
Senza andare ad Adamo ed Eva, possiamo iniziare con la nascita della “Maratona“, corsa celebrativa di una vittoria bellica risalente al 490 a.c. (la corsa di Fidippide dalla città di Maratona all’Acropoli di Atene per annunciare la vittoria sui Persiani), più politica di così?
Per farla breve, arriviamo all’inizio del XX secolo.
Nel 1908 contemporaneamente alle Olimpiadi, vennero organizzati gli Anthropologic Days con il fine di dimostrare le inferiorità razziali.
Parteciparono pigmei, nativi americani, filippini, mongoli ed Inuit.
Nell’epoca nazista con la ginnastica, “gli educatori tedeschi rafforzavano l’ideale patriottico, l’autocontrollo di corpo e mente e la fedeltà al Reich“.
Le Olimpiadi del 1936 risultano ad oggi le più strumentalizzate dal punto di vista politico, precedono la dichiarazione di guerra del 1939.
È di quell’epoca il documentario Olympia, voluto da Hitler che divenne poi uno dei principali strumenti propagandistici nazisti.
Da sempre le nazioni si sono battute sia nei teatri di guerra che negli stadi per dimostrare la propria potenza. Le nazione ariana doveva essere la più forte di tutte e surclassare chiunque.
Tutti gli atleti dovevano vincere e rendere omaggio ad Hitler come a Mussolini in Italia. Molte competizioni si correvano per nazionali, vedi il Tour de France.
Gli atleti erano considerati dei veri e propri rappresentanti dello Stato nell’ambito delle relazioni internazionali.
Nel 1929 fu redatta la Carta dello Sport, documento in cui il Duce definiva gli ambiti di competenza delle tre organizzazioni sportive del regime: l’Opera Nazionale Balilla, l’Opera Nazionale Dopolavoro e il CONI.
È arcinoto il caso “Bartali“: mentre è impegnato nel correre il Tour de France del 1948, Palmiro Togliatti, leader del PCI, subisce un attentato. In Italia sta per scoppiare una rivota civile e Alcide De Gasperi, allora Presidente del Consiglio, chiama Bartali per chiedergli di vincere la corsa a tappe francese, convinto che ciò avrebbe calmato gli animi.
Ginetaccio vinse e l’Italia festeggiò a lungo.
Nelle Olimpiadi di quello stesso anno (1948), non furono invitate Germania, Unione Sovietica e Giappone, a cui si mostrò solidale la Romania, perché facenti parte della coalizione sconfitta.
L’Italia partecipò perché cambiò rotta saltando sul carro dei vincitori.
Nel 1980, per protestare contro l’invasione sovietica in Afganistan, il Comitato Olimpico degli Stati Uniti ritirò tutte le proprie delegazioni.
Nell’edizione delle Olimpiadi di Roma del 1960, l’atleta etiope Bikila divenne eroe nazionale dopo aver vinto la maratona nella capitale dello stato che colonizzò proprio l’Etiopia.
E l’Olimpiade di Città del Messico del 1968? Siamo nell’epoca degli assassinii di Martin Luther King (4 aprile 1968) e di Bob Kennedy (6 giugno 1968), dall’inasprimento della guerra in Vietnam, dei movimenti studenteschi.
“Il 2 ottobre 1968, dieci giorni prima dell’apertura dei Giochi, nella Piazza delle tre culture a Città del Messico, un gruppo di studenti manifestò pacificamente per protestare contro la grossa spesa sostenuta dal presidente Gustavo Díaz Ordaz per costruire gli impianti per gli imminenti Giochi Olimpici. I soldati, non si sa se per ordine diretto del presidente, iniziarono a sparare ad altezza d’uomo. Fu una strage: non venne mai reso noto il numero dei morti, secondo alcuni forse furono addirittura qualche centinaio”.
Chi non ricorda il pugno alzato con guanto nero dei due atleti, Tommie Smith e John Carlos, durante la cerimonia di premiazione? Quel gesto divenne il simbolo del Black Power.
In ogni competizione sportiva vi è un evidente legame sport e politica. Dal Ping – Pong al pugilato.
La vera Lega Nord fece addirittura il Giro della Padania perché non riconoscevano l’Italia e la sua corsa Rosa.
Come è possibile pensare diversamente?
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Se avete altri dubbi, vi consiglio di leggere questa tesi di laurea molto ben fatta:
http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18441/967872-1263565.pdf?sequence=2