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Esodo – Don Luigi Maria Epicoco
Questa catechesi di Don Luigi spiega gli eventi raccontati nel libro dell’Esodo e ne dimostra l’utilità e la contemporaneità.
Tutta la Bibbia e attuale, bisogna solo essere desiderosi di comprendere e disposti ad ascoltare.
Riporto il video e la trascrizione. Hocercato di trasformare l’audio in testo, per renderlo maggiormente accessibile.
È ricco di spunti, di contenuti che ci fanno comprendere come Giuseppe e Mosè hanno amato e come noi possiamo amare come loro.
Scoprirete cose nuove solo se in voi arde il desiderio di salvezza.
Nonostante gli strumenti informatici sempre più evoluti e il mio intervento manuale per sistemarlo un po’, il testo prodotto non è perfetto ma altamente conforme all’audio qui sotto riportato.
Buon ascolto / Buona lettura
Video
Trascrizione – Esodo e vita
File audio
00:00:00 La parola di Dio è piena di immagini e di storie.
Ma ce ne sono?
Immagini e storie che sono un aiuto formidabile per ciascuno di noi, nel senso che molto spesso noi possiamo prendere la nostra esperienza, avvicinarla alle storie della Bibbia, all’immaginario che la Bibbia ci ha fornito, è proprio attraverso questo incontro tra la nostra vita e quello che la Bibbia ci racconta noi riusciamo a capire come possiamo barcamenarci della nostra esistenza, quale direzione prendere, che cosa fare.
In questo senso, vedete, la Bibbia è inesauribile, nel senso che anche se le tutte quelle storie noi le conosciamo, quelle storie continuano a parlarci, continuano ad essere utili per ciascuno di noi. E ci sono storie più grandi, storie più piccole, storie molto conosciute e anche storie nascoste, grandi profeti, piccoli profeti.
00:00:59 La storia dell’Esodo
Questa sera noi cercheremo di ripercorrere una delle più importanti storie della Bibbia, che è la storia dell’esodo, ma non starò questa sera certamente a raccontarvi una storia che già conoscete. Vorrei prendere da questa storia qualcosa e calarla dentro la nostra esistenza.
Con la grande speranza che riavvicinando la nostra vita a questa grande storia ci accorgiamo che c’è qualcosa di molto attuale ,per ciascuno di noi.
Però dobbiamo partire dal presupposto che noi abbiamo un problema, cioè anche il nostro immaginario biblico molto spesso è fatto di immagini distorte, oppure di immagini che non corrispondono fino in fondo alle storie così come sono effettivamente.
Ad esempio, se io vi cito l’Egitto, la cosa che viene in mente quando una persona pensa all’Egitto, giustamente è la schiavitù dell’Egitto.
E tutto l’esodo si costruisce esattamente su questo, cioè sull’uscire dalla schiavitù dell’Egitto. l’Egitto è un luogo dell’oppressione, è il luogo dove si sperimenta una vita che non è più felice.
E il cammino dell’esodo, il cammino di liberazione, un cammino che conduce fino alla terra promessa.
Quello che fa il popolo d’Israele con il proprio corpo e la propria storia. Voi immaginate che non soltanto Israele verrà tirato fuori dalla Terra d’Egitto, ma sarà condotto non per poche ore ma per quarant’anni nel deserto, fino ad arrivare alla terra promessa. E capite che qui c’è già un’indicazione, ciò che ci libera, ciò che ci conduce effettivamente a quella terra promessa ad essere fondamentalmente felici è un cammino che dura tutta la vita.
È un cammino di liberazione continua per ciascuno di noi.
Però io vorrei partire invece un po’ prima di questa storia e cercare un po’ di raddrizzare l’immaginario.
Proprio prima della grande epopea dell’esodo, in realtà l’Egitto non era una terra negativa, in realtà l’Egitto ha rappresentato per il popolo di Israele la salvezza.
E siamo in quella storia che tutti noi conosciamo, la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, vi ricordate?
È il momento in cui c’è una grande carestia.
La storia familiare e drammatica della famiglia di Giuseppe si incrocia con una grande storia, una storia di carestia.
Quando Giuseppe, per alterne vicende, come noi sappiamo, viene venduto dai suoi fratelli schiavo arriva in Egitto, da schiavo e man mano c’è una risalita di questo ragazzo che cresce, cresce, cresce, viene ristabilito non soltanto nella sua dignità, ma occupa il posto più importante in Egitto, è la seconda autorità dell’Egitto, dopo il faraone c’è Giuseppe.
00:04:12 Giuseppe e i suoi fratelli
E Giuseppe, che è un uomo onesto, ma anche un uomo capace di saper organizzare, aveva trovato un modo di organizzare la carestia, cioè di andare incontro alla fame che si stava manifestando in quegli anni.
Tra gli affamati si mettono in fila anche i suoi familiari, tra gli affamati Israele comincia il suo cammino per andare a cercare cigni.
Insomma, tutti noi sappiamo che a un certo punto l’incontro dei fratelli di Giuseppe con Giuseppe è un incontro bello, decisivo, in cui non soltanto una famiglia si riconcilia.
Israele entra in Egitto trovando in Egitto salvezza.
Stanno morendo di fame e lunghe si trovano da mangiare.
Sono perduti e lì trovano qualcuno che ha cura di loro, Giuseppe.
Ma finita questa storia, che è una storia positiva, quindi dobbiamo pensare che l’Egitto è sempre negativo. C’è un momento in cui l’Egitto è la salvezza del popolo di Israele. A un certo punto la parola di Dio ci dice, ma poi, dopo la morte di Giuseppe, venne un faraone che non aveva conosciuto Giuseppe.
E da quel momento in poi inizia una grande discesa del popolo d’Israele, cioè inizia la sua schiavitù che durerà tantissimi anni, tantissimi secoli. Cioè non sarà la questione di qualche anno, sarà un lungo periodo di oppressione che Israele sperimenta proprio nell’Egitto.
Ora vorrei fermarmi esattamente a questa cosa che vi ho appena raccontato, com’è possibile che una cosa sia prima buona e poi cattiva?
00:06:04 Cosa buona
Com’è possibile che lo stesso luogo sia un luogo di salvezza e poi un luogo di oppressione, un luogo di schiavitù?
Facciamo un esempio molto concreto, molto casereccio. Il vino è una cosa buona o è una cosa brutta? Beh, nasce per essere una cosa buona.
Quando c’è una festa brilla.
Pensate che nella Bibbia il primo miracolo che Gesù compie nel Vangelo di Giovanni è trasformare l’acqua in vino, perché la mancanza di vino in una festa indica che la festa è rovinata, quindi il vino è una cosa buona.
Ora, se noi diciamo che il vino è una cosa buona, come la mettiamo con gli alcolisti?
Cioè capite che quella cosa buona può diventare una cosa brutta, cioè può diventare una dipendenza, può diventare una schiavitù.
I dolci sono una cosa brutta o una cosa buona? Sono una cosa buona, ma se tu abusi dei dolci diventano una cosa negativa.
Il corpo che il Signore ci ha dato è una cosa buona o una cosa brutta? È una cosa buona, ma il nostro corpo può diventare anche il corpo del peccato e quindi noi possiamo essere schiavi del nostro corpo.
La sessualità chi ce l’ha donata? Il Signore. Quando noi pensiamo alla sessualità la pensiamo subito come una cosa negativa. La sessualità è un dono di Dio ed è una cosa bellissima. Ma la sessualità può diventare qualcosa di negativo? Sì.
Allora vedete che cosa vi sto suggerendo? Tutto ciò che esiste è buono. Perché lo ha fatto Dio.
Ma la stessa cosa può diventare a un certo punto la nostra più grande schiavitù, la nostra più grande tragedia.
C’è una cosa che può salvarci e allo stesso tempo può dannarci. La stessa cosa?
00:08:00 tutto è cosa buona
Quindi l’errore che noi facciamo è quello di dire, ci sono cose buone e cose cattive, no, tutto ciò che Dio ha creato è buono, tutto. Noi dobbiamo sempre guardare con occhi di benedizione la realtà che c’è intorno a noi. E la grande lezione di Francesco d’Assisi, capite?
Quando Francesco canta la creazione, quando canta tutta la realtà che c’è intorno a lui, vuol dire che non c’è niente di questa realtà che sia brutta.
Si arriva persino a dire Laudato sì, Signore per sorella morte corporale, persino la morte ha qualcosa di di bello. C’è una benedizione nascosta pure nella cosa che noi più rifugiamo in tutta la nostra vita.
Allora qui il problema, si tratta di stabilire non tanto se le cose sono buone o brutte, ma che cosa sono diventate quelle cose.
Che cosa rappresenta il vino nella mia vita? Un dolce nella mia vita, il mio corpo nella mia vita, la sessualità nella mia vita, le amicizie nella mia vita, il lavoro? Pensate al lavoro. Una persona lavora e può esprimersi nel lavoro, può tirar fuori il meglio di sé stesso nel lavoro, ma può diventare schiavo del suo lavoro, può essere schiacciato nel lavoro, può essere annullato.
Dalla propria carriera o peggio ancora che non avere un lavoro e quindi è tormentato dal fatto di non avere.
E un mezzo per potersi sostenere. Insomma, capite che le cose non sono mai bianche o nere? Tutta la realtà intorno a noi si manifesta a noi come qualcosa di ambiguo, cioè può essere tutte e due le cose, può salvarmi o può dannarmi.
Ma questo significa che a un certo punto noi dobbiamo capire quando una cosa comincia a diventare negativa, cioè come faccio ad accorgermi che una cosa da buona è diventata cattiva nella mia vita?
00:10:09 captivus in latino significa schiavo
Pensate, il termine captivus in latino significa schiavo.
Che cos’è che ci ha ridotto in schiavitù?
La famiglia è una cosa bella o una cosa brutta? È una cosa bellissima o può diventare un inferno.
Avere un figlio, una cosa bella, è una cosa brutta, è bellissimo, ma può diventare un inferno.
Amare una persona è una cosa bella e una cosa brutta, una cosa bellissima. Capite che c’è gente che arriva ad ammazzare e dice che ammazza per amore, per troppo amore?
C’è qualcosa che non funziona, capite?
Ora, vedete, ognuno di noi deve domandarsi se è capace di conoscere la schiavitù nella propria vita.
Come ti accorgi di trovarti nell’Egitto sbagliato e di non essere nell’Egitto buono? Come fai a capire se una è per te o è contro di te?
Questa è la grande lezione che ci dà la Vita spirituale.
Vedete, quando una persona comincia un percorso di vita spirituale è come se iniziasse un lavoro di liberazione di sé stesso, una sorta di cammino di esito che lo porta a riprendersi tutto il bene che non vede più nella sua vita
Ma permettetemi di darvi una chiave di lettura per farvi capire quando una persona si trova in schiavitù e non se ne accorge perché in realtà non sta guardando i sintomi che sta vivendo dentro la propria vita.
La schiavitù si manifesta innanzitutto con una forma di infelicità. Io ho una cosa, ma quella cosa non mi rende felice.
Dovrebbe rendermi felice, se faccio questa cosa.
Ma non sono felice e sono diventato dipendente da quella cosa.
È una sorta di cane che si morde la coda. Io dovrei star meglio se bevo il vino, ma in realtà non sto meglio, sto peggio e non riesco a non bere il vino e quindi continuo a berlo, ma sto sempre più male. Quindi è un cane che si morde la coda, è una schiavitù.
Io vi faccio l’esempio del vino, ma in realtà dovremmo prendere ogni ambito della nostra vita e metterlo a verifica, cioè domandarci se noi lo stiamo vivendo con o no?
E voi direte, ma perché mai dovremmo farci questa domanda? Lo sapete perché? Per quel motivo. E Gesù in croce. Il motivo per cui Gesù è morto in croce è perché ciascuno di noi fosse libero.
Cioè fosse figlio di Dio.
Se uno è morto per la tua libertà, non usare la tua libertà è un peccato più grande.
00:13:04 Schiavitù
Dice, ma io sto bene nella mia schiavitù. Capite che cos’è l’inferno? L’inferno è scegliere deliberatamente di non voler usare bene la nostra libertà. Tu sei morto per rendermi libero e io ti dico, voglio vivere da schiavo. Ecco l’inferno.
Non è una condanna dall’esterno su ciascuno di noi, è una scelta che viene paradossalmente dalla nostra libertà.
Ora più una persona impara ad essere libera più scopre di essere figlia di Dio è proprio questo è un percorso della nostra Santità.
Il problema che noi pensiamo che i santi sono soltanto quelli che veneriamo, quelli che abbiamo messo nelle nostre nicchie, quelli che portiamo in spalla nelle nostre processioni.
Non abbiamo compreso che una persona sta lavorando alla propria Santità quando sta lavorando semplicemente ad essere una persona libera e libera fino in fondo.
00:14:02 Persone libere
Libera, cioè di manifestare il fatto di essere figlia di Dio, figlio di Dio.
Allora se io mi accorgo di non essere felice devo domandarmi.
Perché non sono felice?
Che cos’è che mi impedisce di essere felice?
Quali sono le cose che non mi fanno venir fuori da questo circuito?
E mi accorgo di non essere felice perché ci metto tutte le mie energie e sono stanco, sono esaurito, sono schiacciato, mi sento umiliato, ma non riesco a venir fuori da tutto questo.
Guardate, uno può diventare schiavo della propria malattia.
Schiavo della propria salute.
E voi direte, no, aspetta, la malattia è una cosa brutta e la salute è una cosa buona. Uno può diventare schiavo della propria salute. Pensate alle persone che si sottopongono a una vita terribile per controllare solo e soltanto il proprio corpo, la propria alimentazione, la propria prestazione, eccetera, fino al punto di non riuscire più a godere della vita per una forma di schiavitù che è quella della propria salute.
Oppure una persona ha una malattia dice. Beh, è facile dire che è una cosa negativa. Beh, uno può viversi la malattia con libertà e può viversela come una forma di schiavitù.
Come, come ti accorgi di questo?
Come può una malattia darti gioia, pace e benevolenza? Sì, sì, può. I frutti dello spirito.
Tu è una cosa che il mondo chiama disgrazia.
Essere invece materia di felicità nella vita di qualcuno sì, è possibile.
E questo è il paradosso della vita cristiana.
00:16:02 paradosso della vita cristiana
Non sempre le cose buone ci fanno bene, non sempre le cose negative ci fanno male.
Allora si tratta di capire in che modo il nostro cuore è?
Ecco, vi ho voluto mettere davanti agli occhi questo quadro per farvi capire quanto interessante e quanto è decisivo per ciascuno di noi cercare di capire perché l’esodo rimane una strada, un percorso, una pedagogia cristiana per tutti noi, a cui tutti noi possiamo tranquillamente sottoporci.
Ora vorrei così brevemente prendere alcune parole chiave dell’esodo e cercare di spiegare come funziona questa pedagogia.
Prima cosa, il popolo d’Israele sta male, è schiacciato portiamolo nella nostra vita. Io mi accorgo di essere oppresso da quello che sto vivendo. Sono infelice. Lo sapete qual è la prima domanda che fa Dio?
Ma tu vuoi venir fuori da questa infelicità?
Tu vuoi venir fuori dall’Egitto?
Qui non ci facciamo sempre molto caso a tutto questo. Ma sapete qual è il passo numero uno della vita spirituale? Il desiderio.
Ci può aiutare uno che non vuole essere aiutato secondo voi?
La prima maniera di vedere la salvezza nella propria vita e desiderarlo, non vi ho detto che ci riusciamo eh?
Ma il cominciare a desiderarlo con tutti noi stessi è…
Questo è il problema base per ciascuno di noi, noi vorremmo i cambiamenti, ma in realtà non sappiamo se li vogliamo veramente fino in fondo, cioè se li desideriamo.
Quando, ad esempio, ci troviamo in una situazione di peccato, in una situazione di infelicità?
La domanda,
00:18:05 Equilibrio
Ma tu vuoi venirne fuori sì o no? Oppure ti sei costruito in tuo equilibrio? In fondo l’infelicità. Perché il problema è questo, quando una persona per molto tempo si trova in una certa situazione, si abitua.
Eh, è da vent’anni che sono infelice, ormai ho capito.
E tu mi vuoi far venir fuori dalla mia infelicità? Ma io la conosco ormai, mi vuoi portare in una terra che non conosco?
E quindi lo sapete cosa succede, che quando c’è da lamentarsi noi alziamo la mano.
Ma quando arriva qualcuno a dire ma vuoi veramente uscire? Aspetta, aspetta un attimo.
Quindi lamentarmi sì.
Venirne fuori mettendomi in gioco boh aspettiamo.
A me piace spesso citare uno dei miracoli forse più belli del Vangelo di Giovanni.
Che è la guarigione del paralitico.
Voi sapete che nella storia raccontata da Giovanni, quest’uomo è paralizzato sul suo tappetino, da 38 anni.
00:19:11 38 anni
38 anni, non sono 38 giorni amici.
Sono 38 anni, una vita.
E quest’uomo si trova in una paralisi a elemosinare qualcuno che lo prenda in braccio e lo porti alla Fontana quando si muove l’acqua. La credenza era che appena si muoveva l’acqua, un Angelo aveva fatto muovere quell’acqua. La il primo malato che entrava in quella Fontana moriva.
Come sarebbe stato un miracolo? Io l’avrei fatto in questa maniera. E Gesù, Vedendo quest’uomo lo prese in braccio e lo portò nella Fontana e fu guarito. Beh, sarebbe stata la cosa migliore di tutte, no? Gesù per fare quel miracolo, interroga l’uomo.
Gli dice, vuoi guarire?
00:20:03 Vuoi guarire?
Fratelli, questo è il vostro dramma.
Se tante cose della vita non capitano è perché noi non lo desideriamo veramente.
La prima cosa che dovremmo rafforzare dentro di noi è il desiderio.
Non si tratta di avere già la tecnica per venirne fuori, la capacità, la forza. Vi sto dicendo solo una, il desiderio.
Volete un esempio concreto? Se io vedo qualcuno e dico: ti piacerebbe imparare a pregare? Dice lo desidero tanto.
Bene, ha iniziato. Se lo desideri hai già iniziato a pregare, ma non so che fare. Lo desideri? Sì, hai cominciato a pregare.
Il desiderio?
Il primo modo dello spirito dentro di noi.
Se noi non partiamo dal desiderio è finito.
Infatti, che cosa fa il male? La prima cosa che ammazza nelle persone sono i desideri, prima li abbassa, li abbassa. Noi siamo nati per desideri grandissimi, no? E il male fa che noi abbassiamo, abbassiamo il desiderio fino a diventare così banale perché ti svegli la mattina. Ma.
Per andare a fare colazione, ma può essere un desiderio che muove la vita.
No.
Che cos’è che io vedo molto spesso nei nostri giovani? Mancanza di desiderio.
E quando non c’è desiderio, capite che si manifesta la tristezza, l’angoscia, non c’è più la passione.
Allora noi abbiamo un mondo di persone che non hanno più nessuna passione.
Che non provano più nessun desiderio.
Il primo lavoro di Mosè non è tanto convincere il faraone, ci arriveremo, è uno dei personaggi che ci interessa, il primo compito di Mosè è suscitare nel popolo il desiderio di venir fuori da quella schiavitù, e voi sapete bene che Israele si ribella a questo desiderio.
Perché da una parte lo vuole. Ma quando si accorge che il faraone fa resistenza, se la prendono con Mosè. Dicono: per colpa tua abbiamo peggiorato la nostra situazione, potevi startene dove stavi, lontano da noi.
Io vivo in una famiglia dove non mi sento più felice.
Che cosa ti dice il mondo, buttala?
Che cosa ti dice Gesù, ma tu desideri ancora che questo matrimonio ti renda felice? Eh, ma io ho fatto tutto quello che potevo fare, invece che la domanda non è che cosa stai facendo? Che cosa hai fatto? La domanda è, desideri ancora o no che il matrimonio ti renda felice, sì o no? La risposta è molto sintetica, capite?
Se no, noi facciamo lo stesso errore che fa il paralitico.
Vuoi guarire? E quello ti dice, Eh, ma tutte le volte che si muove l’acqua nessuno mi prende Gesù. Io ho fatto una domanda secca, vuoi guarire? Sì o no?
Perché se noi vediamo quanto è alta la montagna che dobbiamo scalare, ci scoraggiamo.
Ma la domanda che ci fa il Signore, tu desideri arrivare fino in cima, sì o no? Poi me la vedo io dice il Signore. Ma te è chiesta una cosa, lo desideri veramente?
Allora capite che prima di tirare in ballo la grazia di Dio, cioè di dire, Ah, mi devi dare questo, perché io ho bisogno, dobbiamo dare, fare la nostra parte, mettere il nostro possibile.
È un po’ come quando una persona si trova ad affrontare un problema anche fisico, voi sapete che l’approccio psicologico alla malattia aiuta nella guarigione.
Se tu sei un peso morto, questa cosa non ti aiuta nella guarigione. Se tu desideri la guarigione è.
00:24:26 Il desiderio
È un grandissimo alleato della cura, il desiderio.
Guardate tale e quale è nella vita di fede.
Le persone che frequentano le nostre chiese dovrebbero avere come primo effetto collaterale del fatto che vengono a messa la domenica, che dicono le loro preghiere, che hanno una vita cristiana, sono persone che anche se sono peccatori fragili, contraddittori, che fanno tutti gli errori, che fanno tutte le altre persone in tutto il mondo, che hanno famiglie disfunzionali, così come succede in tutti, tutte le latitudini del mondo. Ma sono persone che più vengono da Gesù, più desiderano fortemente qualcosa.
Sono di nuovo appassionati per qualcosa.
Si risveglia dentro di loro l’ardore per qualcosa.
Ma è questo l’effetto delle nostre comunità?
La nostra vita cristiana risveglia il desiderio nelle persone.
Guardate, Gesù ha passato tutta la vita a risvegliare questo nel cuore delle persone. Il più grande miracolo di Gesù è aver riacceso un fuoco nel cuore delle persone.
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso.
E poi c’è una testimonianza oggettiva, capite, che non è quella dei suoi discepoli, ma è quella dei suoi nemici, i soldati che sono andati ad arrestarlo.
Quando tornano dai sommi sacerdoti che li avevano inviati per arrestarlo e non lo hanno preso in uno dei tanti tentativi di contenere la predicazione di Gesù, sapete che cosa dicono questi soldati ai sommi sacerdoti?
00:26:12 Mai abbiamo sentito un uomo parlare in quel modo.
È un complimento bellissimo.
Nessuno mai ha parlato come parla quell’uomo.
Allora capite che questa è la prima cosa su cui ciascuno di noi deve mettersi in gioco.
Prima di fare qualunque altra coso, noi dobbiamo sentirci investiti da questa grande domanda.
Tu desideri essere Santo, tu desideri essere felice, tu desideri avere una vita piena, sì o no, perché altrimenti non esci dall’Egitto.
Seconda tappa, quando tu ti accorgi di avere questo desiderio.
La seconda cosa che ti viene in mente quando hai risvegliato il desiderio, Eh, e quindi ora che si fa?
Adesso tiene acceso il fuoco, dove andiamo?
In quel momento finalmente noi ci accorgiamo che da soli non andiamo da nessuna parte.
E cioè che abbiamo bisogno che qualcuno ci salvi.
Il cristianesimo non è una tecnica di auto-aiuto. Adesso ti insegno a come salvarti da solo, no? Il cristianesimo è partire dal presupposto che tutto quello di cui abbiamo bisogno nella vita lo possiamo ricevere come dono.
Se uno non si lascia aiutare non può capire il cristianesimo.
Volete che usi i termini spirituali così capite subito dove voglio andare a parare?
Gli umili sono quelli che si lasciano aiutare, i superbi sono quelli che dicono non ho bisogno dell’aiuto di nessuno.
00:28:06 Noi chi siamo?
Siamo quelli che sono disposti a dare la mano a qualcuno o quelli che dicono, ma io sono intelligente, ho capito tutto da solo, faccio tutto da solo, mi leggo due libri, vado a sentire due o tre catechesi, faccio un po’ di sintesi, un bel minestrone e mi auto salvo. No, non funziona così, amici.
Israele capisce che per essere salvato ha bisogno di Mosè.
Cioè ha bisogno di un liberatore, cioè di qualcuno che gli dia la mano che li accompagni in questo percorso.
In un mondo come il nostro, io potrei passare tutto il mio ministero tentando il mio.
Di prete dico, tentando di riaccendere i cuori delle persone. Il desiderio nei cuori delle persone. Ma questo non basta, perché a un certo punto, con le persone che si ritrovano con un cuore riacceso, hanno bisogno di comprendere che soltanto l’umiltà li può condurre da qualche parte. Che cosa significa essere umili? Significa capire che noi non bastiamo a noi stessi.
Vi rendete conto dove siamo arrivati? A scoprire che senza la Chiesa io non vado da nessuna parte. È La Chiesa è dare la mano qualcuno, la Chiesa è quel sacramento che mi salva, che mi accompagna, che non mi lascia da solo in questo viaggio.
Noi purtroppo, in un momento storico in cui il cristianesimo è diventata la questione di ogni individuo, ma abbiamo smesso di essere chiesa, cioè di capire che senza le persone che abbiamo intorno a noi, noi non andiamo da nessuna parte.
Io faccio tanto del bene, spero di sì, ma il bene che faccio io è per gli altri. Io ho bisogno di ricevere questo bene da altri.
00:30:04 ci siamo emancipati dalla Chiesa
E questa è una domanda seria.
Noi ci siamo emancipati dalla Chiesa o abbiamo riscoperto la Chiesa?
Perché chi riscopre la Chiesa ha capito che cos’è l’umiltà?
Noi invece lo sapete cosa cerchiamo quando vogliamo dare la mano a qualcuno? La perfezione. Ti devo dare la mano e devi essere bravissima, il migliore.
Perché se sei invece fragile, debole, contraddittorio, beh no, io ho la mano a te non la do.
Sapete chi era Mosè?
Un figlio abbandonato che cresce in casa del faraone che aveva reso il suo abbandono possibile e che poi ammazza una persona e che poi se ne scatta e che poi balbetta e che poi ha un carattere, che certe volte perde la pazienza e fa il matto, non è perfetto.
Eppure è uno strumento che Dio usa per salvare il popolo di Israele.
La Chiesa quando la vedi da vicino, è fatta di fragilità, di persone che sbagliano, di carattere contraddittori.
E di situazioni che certe volte ti ti stanno strette. Ma questo non toglie nulla al fatto che Gesù ha voluto la Chiesa per salvarci, capite? Noi invece usiamo questa scusa dell’imperfezione come il motivo per cui ci siamo tirati fuori. E io devo far parte di una chiesa dove c’è quello, dove c’è quella sì.
Perché noi abbiamo bisogno di salvezza e la salvezza viene quando tu dai una mano a qualcuno.
Allora vedete il desiderio? Sì, è il punto di partenza. Il secondo punto, la Chiesa.
Se io non dico di nuovo di sì alla chiesa è aria fritta quello che stiamo facendo questa sera qua.
Ho bisogno cioè di incontrare persone concrete, volti concreti, situazioni concrete dove io, dando la mano a queste persone, sperimento la salvezza.
Qual è il ruolo di chi ci libera, cioè del liberatore, è sostituirsi a noi? No, sarebbe la cosa peggiore al mondo.
Non succederà a Gualdo Eh. Però immaginate che ci sono dei genitori che il pomeriggio si ritrovano. Ah mo sta per iniziare la scuola no? Quindi adesso c’è.
Hai fatto tutti i compiti per l’estate e adesso bisogna farli? No, dice per toglierci il problema facciamo così: quanti compiti hai? 10? Allora ti aiuto io oggi pomeriggio. Aiutare significa che la mamma li fa al posto del bambino.
In modo tale che il quaderno è a posto. Possiamo continuare queste settimane prima dell’inizio della scuola. Ora effettivamente il problema è stato risolto, i compiti sono stati fatti, ma secondo voi educativamente?
Se una madre si mette a fare i compiti al posto del figlio, gli ha fatto un favore o gli ha fatto un danno?
E perché noi da Dio pretendiamo che faccia così con voi?
Signore, sto male salvami.
Che nella nostra testa significa fai anche quello che potrei fare io.
No.
Questo non è il cristianesimo. Il cristianesimo non è la salvezza di uno che viene e si sostituisce a te, no, è uno che ti abilita a fare quello che tu innanzitutto devi fare.
Tu devi fare il tuo possibile.
Gesù non si sostituisce mai alle persone, mai.
00:34:02 Tu devi fare il tuo possibile.
Questo è il motivo per cui ogni volta che fa un miracolo chiede sempre la collaborazione delle persone che sono lì coinvolte.
Piccolo o grande che sia, la collaborazione sta a significare il impossibile che quella persona può fare.
Quindi attenzione, non esistono tecniche che si sostituiscono alla fatica di essere liberi.
Non esistono percorsi che a un certo punto, come vediamo nelle pubblicità, no, se prendi questo macchinario stai fermo sul tuo salotto per un quarto d’ora al giorno, mettendo questo macchinario avrai tutti i muscoli del mondo, perché lavorerà al posto tuo. Ma non credete a queste cose.
Le cose che valgono nella vita.
Sono anche faticose ed è un bene questo.
Avete mai sentito l’espressione ne è valsa la pena? Che significa l’espressione ne è valsa la pena significa che c’è stata una pena, una cosa che mi ha fatto soffrire. E tu dici, ma è valsa questa cosa?
E fu. È stato un bene che io ho fatto quella fatica?
00:35:16
La nostra società, noi quando vediamo la fatica vediamo demoni.
Il demonio vuole esattamente questo, tenerci lontani da ogni fatica.
Come facciamo fatica in una cosa subito ci scoraggiamo perché non siamo educati a fare questo.
Eh, ma per me è faticoso pregare. E chi te ne ha detto che deve essere sempre una passeggiata? Per me è faticoso vivere un rapporto di coppia. E chi te l’ha detto che dovrebbe sempre essere rose e fiori?
Tutto ciò di bello e di buono c’è dentro la nostra vita a volte è attraversato dalla fatica e non c’è niente di male.
00:35:59
Mosè, non è che dice: tranquilli, adesso vi prendo in braccio uno a uno e vi porto nella terra promessa, no?
Dice, mettetevi in piedi, preparate le vostre cose e camminiamo.
Vedete a che punto siamo arrivati?
Ce l’ho un desiderio?
Ho capito che ho bisogno della Chiesa?
Ho capito che devo fare fatica?
Quarta cosa.
A un certo punto il popolo di Israele che esce dall’Egitto si trova davanti a uno ostacolo, il mare, davanti a sé il mare che per loro è un muro, non possono andare più da nessuna parte, alle loro spalle il faraone.
Apro e chiudo una parentesi, vi siete mai domandati chi è il faraone?
Se noi dovessimo dire che il faraone è brutto e cattivo, il demonio è il faraone, è brutto e cattivo? No, no. È il nostro egoismo, il faraone.
00:37:08
Il faraone ce l’abbiamo dentro tutti noi.
I primi nemici di noi stessi siamo noi.
Gesù ci libera da noi stessi, e la prima cosa che fa?
Quando tu sperimenti la liberazione ti accorgi che tu hai un io, ma questo io non diventa più egoistico.
È un io, ma non è più il faraone.
Il faraone vuole tutto a se.
Tu ci sei nella mia vita, sì, ma devi essere in funzione mia.
Mi piace avere la mamma? Sì, perché deve fare quello che serve a me. Amici sì, devono fare quello che voglio io, i colleghi sì, devono essere tutti a mio servizio. Dio sì, deve farmi le grazie Dio, altrimenti non ci vado più da lui. E questo egoismo, il faraone quando non riesce a comandare batte i pugni, fa i capricci, diventa violento.
00:38:10
Questo è il motivo per cui Mosè quando deve andare a far uscire il popolo di Israele dall’Egitto, chi trova come ostacolo? Il faraone.
Vai a dire a un egoista, smetti di essere egoista.
Sì.
Peggiora la situazione.
Sto male, sono angosciato, sono triste, eccetera.
Io vengo e dico.
Bene, possiamo cominciare un cammino per venir fuori da questa tristezza.
Chi è che si ribella? Tu ti ribelli?
Perché? Perché in fondo, ti piace stare là, ti piace stare in quella situazione.
Chi vuole seguire la mia strada, dice Gesù rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua, vi rendete conto il carattere che Gesù dà?
Vuoi imparare a giocare a calcio? Sì, allora prendi il pallone e comincia a correre.
00:39:10
Ma io immaginavo di stare seduto meno, devi metterti in gioco.
A un certo punto il popolo di Israele è inseguito dal faraone, ma si trova davanti a un ruolo.
Allora attenzione che quello che sto per dirvi è una cosa che nessuno di noi può darsi veramente da solo nella vita.
Prima o poi accade.
E cioè il momento in cui tu ti rendi conto che hai fatto un’esperienza profonda della grazia di Dio.
Come si manifesta questa esperienza profonda della grazia di Dio? Tu con le tue forze non puoi fare più niente. A un certo punto Dio apre una strada dove non c’era nessuna speranza.
Il mare è chiuso.
Mosè, per ordine di Dio, apre una strada nel mare, è la grazia.
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Hai mai ricevuto una grazia nella vita? Cioè hai mai fatto esperienza di sentirti salvato, salvata almeno una volta in cui tu ti accorgi, dici, io non lo so come ne sono venuto fuori da questa situazione?
È stata una grazia.
Perché ciascuno di noi deve partire da quell’esperienza per accorgersi che non è da solo.
Tutti abbiamo bisogno di fare l’esperienza della grazia di Dio, tutti.
E quando noi facciamo l’esperienza della grazia?
Dio, questo è molto pericoloso.
Durante una cena, Gesù va a mangiare a casa di un fariseo, Simone il fariseo.
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Vi ricordate che durante questa cena entra una donna poco di buono che comincia a bagnare i piedi di Gesù con le sue lacrime ad asciugarlo con i suoi capelli?
Criticano questa donna. Anche il padrone di casa in quel suo fa questo, Gesù dà una lezione immensa, dice a questa donna sarà molto perdonato perché ha molto amato.
E poi aggiunge al padrone di casa, a chi è stato perdonato poco amerà poco.
Tu la grazia la ricevi, non quando ti succede qualcosa di straordinario, dice. Sai, ho ricevuto una grazia perché a un certo punto mi è apparsa la Vergine Maria. No, la grazia è un evento che stabilisce un prima e un dopo nella tua vita, ad esempio, ci sono persone che per molto tempo si portano addosso il peso della propria storia.
Poi magari si confessano e durante quella confessione si sentono completamente liberati da quel peso, è una grazia.
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Cito spesso una scena di un film che sono sicuro molti di voi avete visto no, un film degli anni 80 con le musiche di Ennio Morricone, Mission.
Qui è raccontata la storia di gesuiti che, nell’America Latina tentavano di essere vicini agli schiavi.
E lì c’è la storia di uno che aveva passato la sua vita ad ammazzare gli schiavi o comunque a farli prigionieri per rivenderli. Succede una cosa bruttissima, lui ammazza suo fratello in senso di penitenza. Quest’uomo si fa religioso e comincia un percorso penitenziale andando missionario nelle parti sperdute dell’Amazzonia e portandosi sulle spalle il fagotto con la propria armatura e le proprie armi. Lo immaginate quest’uomo che si porta con sé il peso?
Quali sono i suoi peccati?
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E non c’era la statale 80 o la A 24 o l’A1 dove tu potevi trascinare comodamente.
Dovevi camminare in mezzo ai boschi, in mezzo al fiume, e quella cosa rallentava il tuo passo e minava anche la tua vita. A un certo punto quest’uomo, continuando a portare questo peso, arriva lì, nel posto dove tante volte aveva ammazzato e fatto prigionieri molti indios nativi. Di lì e lì si avvicina un indios con violenza.
E tu dici, adesso lo ammazza? E lui sarebbe stato felicissimo se l’avesse ammazzato, capite? Sarebbe stata giustizia per lui.
Invece sapete cosa fa Agostinus, con un coltello gli taglia il fagotto e lo butta via.
E quest’uomo scoppia a piangere.
E il pianto Di Pietro, capite?
Dopo che ha rinnegato Gesù, è una grazia.
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Tutti abbiamo bisogno di passare attraverso il Mar Rosso, tutti abbiamo bisogno di essere perdonati. Io vi auguro nella vita, una volta, di sentirvi perdonati così.
Questo darà significato nuovo a tutta la vostra esistenza.
Ma poi, passato Mar Rosso, mi piacerebbe dirvi, e vissero felici.
Contenti no?
È passato il Mar Rosso, arriva il deserto.
E nel deserto, amici non ci stanno quattro giorni.
Neanche quattro mesi o quarant’anni.
Che cosa rappresenta il deserto?
Tutti noi sappiamo che il deserto è il luogo della tentazione. Gesù prima di cominciare la sua vita pubblica pensa 40 giorni nel deserto. Vedete la simbologia?
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Perché il deserto è importante?
Che cosa rappresenta?
Rappresenta la parte della nostra vita in cui siamo costretti a tornare all’essenziale.
Sapete, ci sono dei momenti in cui tu ti gonfi no? E dici, sono il padrone del mondo, ho tutto, dalla mia parte va tutto bene, no? Poi ti arriva una di quelle mazzate in cui sei costretto a mettere i piedi per terra e non gongoli più.
Devi toccare di nuovo l’essenziale.
È una grazia questa.
Perché fino ad allora tu non avevi capito che cos’era essenziale e cosa non lo era.
Ogni tanto io penso.
Finché non ti cade un martello su un dito del piede, tu non ti accorgi quanto era importante quel dito.
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Quando senti il dolore, ti ferisci, ti accorgi che quella parte di cui non ci hai fatto mai caso è una parte importante.
È una cosa strana, no?
Ma certe volte la vita, con le sue fatiche e le sue sofferenze, sono una grande grazia per voi, perché ci riportano all’essenziale.
E poi vi dicevo, è il luogo della tentazione. Voi sapete che la tentazione è materia del demonio? Sì, però sotto il permesso dello Spirito Santo.
Allora lo spirito condusse Gesù nel deserto perché fosse tentato. Attenti, lo spirito conduce Gesù nel deserto perché fosse tentato.
A cosa servono le tentazioni? A toccare i tuoi limiti.
Finché tu non conosci i tuoi limiti, tu non ti conosci.
A noi piace pensare che non abbiamo limiti, che possiamo fare tutto, che siamo…. No, no, no, no delirio, delirio di onnipotenza. Noi invece abbiamo bisogno di toccare i nostri limiti, di capire la nostra debolezza. Solo così ci conosciamo fino in fondo. E quando tu tocchi i tuoi limiti, allora sì che finalmente puoi fare la tua professione di fede.
Invece, quando noi tocchiamo i nostri limiti, si presenta il demonio.
Hai fame?
Tanta eh, 40 giorni senza mangiare.
Fai una cosa e vedi le pietre, se il figlio di Dio ah, trasformale mangiale no?
Non è che siccome io ho fame, sono autorizzato a trasformare in pane qualunque cosa.
Io ho fame di essere amato.
Incontro una persona, la prima che incontro dico, scusa, ho fame, adesso mangio con te.
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Tu mi devi amare.
Non funziona così.
Non di solo pane vivere un uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
È una domanda seria, che si fa questa, questo passo del’Esodo, se il deserto è il luogo dove io tocco i miei limiti e le mie fragilità, che rapporto ho con le mie fragilità? Innanzitutto, le conosco? Vi posso assicurare che le mie fragilità non sono le vostre.
Le debolezze di Luigi Maria Epicoco sono diverse dalle debolezze di Simona.
Noi siamo molto esperti delle debolezze degli altri.
Guardiamo, giudichiamo gli altri, ma le nostre le conosciamo?
Perché se io non conosco qual è la mia, il mio limite, io non posso fare un’esperienza cristiana.
I cristiani sono umili non perché sono più grandi degli altri, ma perché si ricordano della propria fragilità.
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Dice il Salmo 50, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
E questa non è una cosa brutta, eh, quando una persona vede la propria debolezza può essere umile e farsi aiutare grazia di Dio, oppure può essere superbo e occultare la sua debolezza, manovrare la sua debolezza, scendere a patti con la sua debolezza, diventare succube della sua debolezza.
Gesù non ci chiede di non essere umani.
Siamo umani.
Ma ci chiede di non far diventare la vostra umanità la grande scusa per il peccato.
Sì, bel lavoro questo, Eh?
A noi piacerebbe togliere il peccato liberandoci dalla debolezza. Non è possibile, amici. Non ci sarà un giorno di questa vita in cui diremo, ma io non sono più fragile, tu sei sempre fragile.
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Che cosa ne vuoi fare della tua fragilità, questa è la è la vera domanda.
A me continuano a piacere queste cose. E ti piaceranno anche un quarto d’ora dopo la morte.
Ma che cosa ci vuoi fare davanti a questa cosa che ti piace?
Che rapporto abbiamo con la nostra fragilità? Il deserto, il luogo in cui si diventa autentici e tutti noi abbiamo bisogno del deserto.
Ve lo traduco in maniera laica, tutti noi abbiamo bisogno delle crisi.
Tutti.
Le crisi ci fanno crescere.
Il problema delle crisi lo sapete qual è che noi scappiamo dalle crisi.
Ma le crisi se non le affronti, ti distruggono.
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Se le affronti, ti fanno crescere.
Gesù non dice A Pietro, Tranquillo, il demonio non ti farà niente, no, ti dirà Satana sta venendo per bagnarvi, ma tranquillo, quando ti sarai rimesso in piedi, aiuta gli altri. Conferma ai tuoi fratelli.
Ma io, Gesù, me lo sono immaginato.
Uno che mi evita?
Il rinnegamento.
L’abbandono? No, Gesù è quello che ti ricorda che quando toccherai la tua fragilità ti puoi rimettere in piedi ed essere una persona migliore.
Se ogni volta che ci inginocchiamo per confessarci ci rialziamo attenzione, in quel momento siamo stati perdonati. Ma la domanda è, abbiamo imparato qualcosa dai nostri peccati? Perché se non abbiamo imparato niente, questo è un dramma, Eh? Non soltanto li ripeteremo.
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Avremmo sprecato un’occasione.
Abbiamo bisogno del deserto perché abbiamo bisogno di autenticità.
Ma poi cosa succede? A un certo punto, mi sto avviando la conclusione, nel deserto il popolo d’Israele molte volte sperimenta una cosa che si chiama scoraggiamento.
Quando si presentano i problemi lo sapete.
Fa il popolo di Israele, ah, quanto stavamo bene quando stavamo in Egitto.
Mosè, perché ci hai condotti qui nel deserto per farci morire? Non c’erano abbastanza loculi in Egitto. Ci stai facendo morire qui in mezzo al deserto, o si lamentano sempre?
Siamo noi, Eh? Tranquilli, non solo.
Ma lo scoraggiamento è una cosa terribile.
Eppure, tutte le volte che Israele si scoraggia, Dio lo aiuta.
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Coraggio amici, non sempre abbiamo le forze per andare avanti, per fare tutto quello che dobbiamo fare, ma se è vero che ogni giorno ha la sua pena, ricordatevi che ogni giorno ha anche la sua grazie.
Don Luigi Maria Epicoco
Don Luigi Maria Epicoco è un presbitero, teologo e scrittore italiano. Sacerdote dell’arcidiocesi dell’Aquila, scrittore di libri e articoli scientifici di carattere filosofico e teologico.
Ha una cattedra in filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR Fides et ratio dell’Aquila. Direttore della residenza universitaria San Carlo Borromeo all’Aquila e parroco della parrocchia universitaria San Giuseppe Artigiano, dove ha vissuto la tragica vicenda del terremoto occupandosi in prima linea della ricostruzione per l’arcidiocesi.
Comunicatore in diverse trasmissioni sia in radio sia in televisione in particolare Radio Vaticana, Telepace, TV2000, Rai2, Rai Radio 2. Nel web è attivo nei social e in diversi blog. Nel 2016 ha curato il commento al Vangelo della rivista Credere Edizioni San Paolo. Membro Cavaliere della Luce. Ha costituito una fraternità con gli studenti universitari che segue. Da novembre 2017 è nato il progetto editoriale di un nuovo messalino edito da Edizioni San Paolo a cura di don Luigi Maria Epicoco. (https://www.cercoiltuovolto.it/tag/don-luigi-maria-epicoco/)