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Epicoco, Francesco uomo del cambiamento
Cosa ha da dirci oggi Francesco a distanza di 800 anni?
Due epoche ben distanti e diverse eppure don Luigi Epicoco ci illustra in maniera inequivocabile che si, i tempi sono cambiati ma non la sostanza presente nella vita di tutti noi.
Dalla crisi alla scoperta di se, alla Chiesa come comunità, allo splendore dell’Eucarestia che pochi conosciamo, un viaggio nel cristianesimo vero che parte dalla nostra storia, che è inscindibile dalla storia personale, dalla vita di ciascuno di noi, che valica ogni epoca, ogni cima.
Dalla crisi nasce un nuovo modo di leggere il Vangelo, da questa nuova lettura arriva la conversione, la riscoperta della comunità (Chiesa) e il valore dell’Eucarestia.
Ho cercato di trasformare l’audio in testo per renderlo maggiormente accessibile.
Scoprirete cose nuove solo se in voi arde il desiderio di salvezza.
Nonostante gli strumenti informatici sempre più evoluti e il mio intervento manuale per sistemarlo un po’, il testo prodotto non è perfetto ma altamente conforme all’audio qui sotto riportato.
Buon ascolto / Buona lettura
Trascrizione – Francesco uomo del cambiamento
File audio
epicoco_francesco_cambiamento.mp3
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Ho pensato di fare con voi un piccolo viaggio attraverso la vita di Francesco. Non per raccontarvela di nuovo, non ne abbiamo bisogno, è così famosa la sua esperienza, ma alcune tappe della sua vita possono diventare tappe di conversione pastorale per ciascuno di noi, momenti di riflessione che possono portarci davvero a fare dei cambi.
Dei cambi seri che portino in qualche maniera frutto.
Ma forse la prima domanda che noi dobbiamo porci è, che c’entra la vita di Francesco che è vissuto alla fine del 1100 per morire nel 1226, con noi che viviamo nel 2024?
800 anni ci separano, quasi 800 anni ci separano dalla sua vita. E noi ci domandiamo che senso ha quella storia con la nostra, che cosa ha da dire una storia così lontana da noi con la nostra attualità, le nostre sfide, quello che siamo chiamati noi a vivere in questo momento storico.
E forse la prima cosa che dovremmo dire è che al tempo di Francesco tutto parlava di Dio, tutto. La società dell’epoca in cui vive Francesco è una società in cui sicuramente nessuno avrebbe mai pensato a una forma di ateismo, cioè di pensare la vita senza un riferimento al divino, al religioso.
Senza pensare una società, un uomo, una donna, la vita di un essere umano che non entrasse in qualche maniera in relazione con questa dimensione profonda della nostra esistenza che è appunto la fede. E noi invece viviamo in una società che è completamente il contrario. Noi non viviamo più in un mondo dove tutto parla di Dio. Noi viviamo in un mondo in cui c’è L’eclissi di Dio, cioè Dio è stato relegato in un punto della nostra società.
00:02:00 confronto fra epoche
E chi è credente e chi continua a vivere la fede oggi è una minoranza. La maggior parte della nostra società è una società secolarizzata che costruita su dei nuovi parametri antropologici. Non c’è più Dio a dettare le regole del nostro vivere, dei nostri ritmi, dei nostri tempi. Tutto invece è costruito su qualcos’altro.
Su una società che funziona attorno all’economia, attorno a quelli che sono i nostri bisogni, i nostri consumi.
Tutto è costruito in un modo completamente diverso, se Dio c’è, noi non lo vediamo più attorno anoi.
00:02:44 il cristianesimo non è un luogo circoscritto
E anche come cristiani, vedete se ci togliessero persino quei monumenti che segnano così in maniera indelebile le nostre città, pensate che se per un istante scomparissero da Milano il Duomo, Sant’Ambrogio, noi perderemmo qualcosa di altamente significativo, di identitario di questa città.
Ma, non possiamo nemmeno pensare che il cristianesimo è soltanto il Duomo di Milano, è soltanto la bellezza di Sant’Ambrogio, cioè un luogo circoscritto che è un monumento, che è qualcosa da guardare come dei turisti vanno a guardare qualunque altra cosa. Ma la domanda è, la vita cristiana che si vive nel Duomo di Milano cambia la società di Milano?
Ha ancora qualcosa da dire agli uomini, alle donne di questo nostro territorio?
O è semplicemente ormai un cristianesimo messo lì, da guardare, da pagare un biglietto e da ammirare in qualche maniera, ma non ha più nulla da dire o ha a che fare con quella che è la vita concreta di ciascuno di noi.
00:03:51 due tempi a confronto
Questo è un problema molto serio. Francesco nasce in un mondo dove tutto parla di Dio. Noi siamo nati o stiamo crescendo in un mondo dove tutto invece sta negando Dio e Dio è relegato in un angolo.
E forse noi siamo chiamati a vivere in un certo qual modo, anche nei nostri quartieri, nelle nostre parrocchie, come se vivessimo di nuovo in una forma di catacombe, dove ci lasciano fare tutte le cose sociali che possiamo, ce ne lasciano fare, ma nessuno tollera più che noi possiamo vivere in maniera evidente pubblica la nostra esperienza di fede.
Allora capite che già soltanto questo ci farebbe dire in un certo modo che Francesco non nulla da dirci.
E invece sì.
E voglio raccontarvi il motivo.
In una società come quella di Francesco, in cui tutto parlava di Dio, la domanda era, c’era bisogno di Francesco d’Assisi? E cioè, perché Dio suscita l’esperienza di quest’uomo, la Santità di quest’uomo perché la suscita? Il mondo già evangelizzato tutto è cristiano intorno a lui, perché la vita di Francesco?
00:05:10 Perché Francesco
Perché in realtà, vedete, quando le cose ci sono e ci si abitua a queste cose non le si vede più.
È un po’ come quando tu vivi in una famiglia e dai per scontato le persone che vivono con te. O hai la salute e ti funzionano tutte le dita delle mani, le dai per scontate queste dita delle mani e insomma tutte le cose belle che ci possono stare dentro la tua vita. Sì, ci sono, ma diventano un fondale che tu non vedi più, non senti più, non percepisci più.
00:05:40 Cristianesimo stantio
C’è cristianesimo attorno a Francesco? Sì, ma che cristianesimo? Un cristianesimo stantio, un cristianesimo in cui il vissuto della Chiesa si è mescolato troppo con la politica, la società è troppo invischiata nelle questioni cristiane, le questioni cristiane sono troppo invischiate in quelle della società e non c’è più profezia, come se il Vangelo non l’avesse più nulla da dire.
E il rischio è quello di usare persino la fede, la religione per motivi umani, troppo umani.
Allora capite che tutto può diventare semplicemente una gestione di potere, un modo di stare al mondo, un modo di comandare, ma non più un modo di vivere il Vangelo.
Questa Chiesa in cui Francesco abita è una Chiesa che può splendere intorno a lui, ma è una Chiesa che, come lui ascolterà in questa visione che ha, va in rovina e che lui deve in qualche maniera riparare.
Allora capite che in un mondo cristiano Francesco è chiamato ad essere un nuovo cristiano.
00:06:52 la vera vocazione
Cioè deve essere un Santo che possa ricordare a quelli che pensano di essere cristiani qual è davvero la loro vocazione, quale nostalgia devono recuperare, quale Vangelo si sono persi per strada.
Il ruolo di Francesco è quello di annunciare di nuovo il Vangelo a quelli che pensano di essere già evangelizzati.
Quanto più Francesco ha qualcosa da dire nella nostra società, dove tutto sembra non parlare più di cristianesimo, e abbiamo bisogno, in questo mondo in cui c’è l’eclissi di Dio, che qualcuno sia non un cristiano per cultura, per tradizione, non un cristiano, semplicemente perché tutti a un certo punto siamo stati battezzati da piccoli, abbiamo fatto tutti un po’ di catechismo, abbiamo fatto tutti la prima comunione, la cresima e poi arrivederci e grazie.
Siamo tutti un po’ cristiani così, ma c’è bisogno che qualcuno ci ricordi che tutto quello che abbiamo ricevuto per cultura, per tradizione e poi va vissuto. E come si vive in questo momento? Che cos’è che può diventare provocazione per ciascuno di noi?
00:08:07 i santi
I santi sono sempre mandati dal Signore, suscitati dal Signore per farci tornare alla radice della questione a non perdere di vista ciò che è davvero essenziale, allora ci accorgeremo come troppo cristianesimo, troppo, non nel senso che non è una cosa buona che ci sia tanto cristianesimo, ma un eccesso di cristianesimo che è diventato troppo invischiato con il mondo, non fa bene.
Un’assenza di cristianesimo non fa bene.
In entrambi i casi ricordatevi che gli opposti sono sempre molto simili tra di loro, le esagerazioni alla fine si abbracciano.
Allora Francesco è la sua testimonianza, dopo 800 anni continua a risuonare dentro la vita di ciascuno di noi, a suscitare un fascino su ciascuno di noi e allo stesso tempo a provocare il nostro modo di essere Chiesa. Ma partiamo dall’inizio, che cosa succede alla vita di questo giovane?
Che in realtà sta facendo la sua vita.
Ha un suo equilibrio, un suo circuito di amici e si è costruito quello che lui pensa essere una vita che lo renderà felice, sogna, programma, desidera fare delle cose, ma poi a un certo punto succede una cosa molto umana, Francesco entra in crisi.
00:09:36 le crisi sono un’occasione
Noi non ci pensiamo mai.
Ma in un mondo come il nostro, anche come il nostro, in cui siamo battezzati, abbiamo preso i sacramenti e poi ognuno se n’è tornato a casa propria, che cos’è che potrebbe farci tornare di nuovo a cominciare un’esperienza di vita spirituale?
Le crisi.
Le crisi sono una grande porta in cui le persone possono di nuovo domandarsi grandi cose.
Invece lo sapete cosa abbiamo fatto noi in questo momento storico? Le crisi le abbiamo medicalizzate, sono diventate tutte malattie. Le crisi.
Non riusciamo a capire invece che a volte le crisi sono un’occasione.
Un’adolescente che ad un certo punto è in crisi adolescenziale non è malato.
La vita sta bussando alla porta del cuore di questo ragazzo e se non prende sul serio quella crisi, in realtà non diventa se stesso.
È attraverso quella crisi che comincia a distinguersi dal papà e dalla mamma.
È attraverso quella crisi che comincia a disertare i sogni degli altri e a cominciare a scoprire i suoi sogni.
È attraverso quelle crisi che comincia a scoprire che lui ha dei gusti che sono diversi dai gusti della sua famiglia, dai suoi professori, dei suoi amici.
In pratica sta diventando se stesso attraverso una crisi.
E poi c’è la crisi di quando ti innamori di qualcuno e pensavi fino a un istante prima, ma io vivrò tutta la mia vita senza dar racconto a nessuno, mi divertirò e poi arriva qualcuno che ti prende il cuore e ti mette in crisi.
Arriva la crisi di qualcuno che ti dice, ma se mi ami, perché allora non scommetti la tua vita su di me? Perché non ci amiamo per sempre? Perché non ci sposiamo? Perché non costruiamo una famiglia?
E poi ci sono le crisi di mezza età, quando a un certo punto hai la sensazione che il grosso della vita sembra passato, adesso me ne rimane un pezzo ed è in discesa. Siamo in crisi.
E la crisi che nasce quando ti accorgi che il tuo corpo non è più come quello di un ventenne. È la crisi che viene quando tu sei tradito nei tuoi affetti, quando ti succede qualcosa di brutto.
E la crisi che nasce dal fatto che a un certo punto scopri una malattia che mette in discussione tutto quello che tu avevi programmato.
È la crisi che nasce dal fatto che tu perdi qualcuno che ami.
E la crisi che nasce da una società che sembra non corrispondere più fino in fondo a quelle che sono le nostre aspettative di bene. È la crisi che può nascere quando tu accendi la televisione, guardi su Internet e vedi le guerre che ormai stanno scoppiando in ogni angolo del mondo e ti domandi, quando toccherà a noi.
Insomma, capite che la vita costantemente ci mette in delle situazioni in cui noi siamo messi in crisi?
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E che cosa succede quando noi entriamo in crisi? Sapete cosa facciamo o come ci hanno educato in questi ultimi anni?
00:12:41
Quando tu avverti paura, angoscia, ansia, tristezza, quando ti senti destabilizzato, debole, fragile, quando ti nascono delle domande nel cuore che non ti fanno dormire la notte, l’unica cosa che qualcuno ti può suggerire è che tutti questi sono sintomi che vanno tenuti sotto controllo.
00:13:02 le crisi sono domande
E se fossero invece domande che ci fanno dire: quindi per che cosa vale la pena vivere? Perché sono nato? Che senso ha la mia vita? Dove sto andando? Che ne sarà di me quando finirà tutto questo viaggio? Che cosa c’è dopo la morte?
Come voglio vivermi l’al di qua?
Esisterà un aldilà?
00:13:28 Gesù parla alle persone in crisi
Insomma, sono domande che possono spalancare il grande tema della fede, che non è un antidolorifico.
Un modo per eludere queste domande è un modo per prenderlo sul serio. Se voi sfogliate il Vangelo, vi accorgerete che Gesù riesce a parlare alle persone a cui la vita ha riservato un trattamento che gli ha lasciati devastati a volte.
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Gente che è malata, gente che soffre, gente che ha sbagliato. Peccatori, ultimi, scartati, tutte persone che hanno il cuore frantumato dalla vita.
E Gesù da a queste persone, racconta qualcosa a queste persone, annuncia a queste persone un messaggio, comincia con queste persone una storia.
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E invece Gesù non riesce a costruire nessuna storia e a cominciare nessuna storia con quelli che pensano di non aver bisogno di niente, di nessuno.
Con quelli che pensano di essere giusti, con quelli che pensano di essere sani, più bravi, più intelligenti degli altri, Gesù non riesce a costruire niente con queste persone.
Allora io mi domando, se noi smettessimo di considerare le nostre crisi come una patologia e cominciassimo a renderci conto che tutte le persone che in qualche maniera si sentono fragili, che avvertono la debolezza della loro esistenza, che avvertono che la vita li sta interrogando, perché noi non torniamo ad annunciare il Vangelo proprio a queste persone?
Perché noi stessi non ripartiamo da lì?
00:15:10 torniamo ad annunciare il Vangelo
Quanta gente io ho incontrato e incontro che proprio a partire dal momento di debolezza, di fragilità, da un dolore o anche una gioia, anche la gioia può farci sentire impotenti, hanno cominciato un percorso di vita spirituale.
Hanno cominciato ad interrogarsi, in quel momento hanno finalmente fatto spazio a un’azione della grazia di Dio dentro di loro.
Per Francesco è stato un anno di carcere, il fallimento di una guerra perduta, il sogno infranto di partire come crociato, come cavaliere diventare un grande nel mondo.
00:15:52 Francesco parte da una crisi
Insomma, la frustrazione di un giovane che non si vede realizzato nei propri sogni. Francesco parte da quella crisi e in quella crisi Gesù comincia a farsi spazio.
Non dobbiamo semplicemente pensare che viviamo in un mondo di infelici, ma dobbiamo dire che l’infelicità può essere il punto di partenza di tanta felicità se c’è qualcuno che ci insegna a vivere bene le nostre crisi.
Allora già soltanto per questo Francesco è un maestro.
Da che cosa nasce la conversione di Francesco?
Da una crisi.
00:16:31
Capite che molti di noi si trovano allo stesso punto di partenza di Francesco questa sera? Potrebbero alzare la mano e dire, sì, ma anch’io sono in crisi. Bene, puoi Farti Santo anche tu.
Puoi iniziare anche tu una storia.
Una storia completamente diversa che può condurti molto più lontano, che può portarti a diventare più uomo, più donna, più te stesso, che può farti incontrare Dio, non come una questione culturale che hai ricevuto dai tuoi padri, perché sei cresciuto in un posto, in un quartiere, in una nazione, ma puoi incontrare il Dio di Gesù Cristo, che non è una questione di cultura, è un Dio vivo e vivente, è una persona e tu puoi incontrarla, questa persona.
Capite che soltanto così riusciamo a comprendere qual è il passo successivo dell’esperienza di Francesco, proprio nel tempo della crisi e del carcere gli capita provvidenzialmente in mano un Vangelo.
00:17:34 il Vangelo mi parla
E Francesco cosa fa? Lo legge un Vangelo, comincia a leggere la parola di Dio.
Pensate che Francesco non aveva mai sentito le parole del Vangelo?
Se io in questo momento vi dicessi, vi ricordate la parabola del figliol prodigo? Tutti, sono sicurissimo, mi direte, sì, certo, ce la ricordiamo.
E vi ricordate, non lo so, la pesca miracolosa Di Pietro? Tutti sì, mi direte, sì, sì, ce lo ricordiamo.
E vi ricordate la visita dei Magi a Gesù bambino? Sì, sì, tutti ce la ricordiamo.
Le storie, quelle storie del Vangelo le conosciamo tutti, anche Francesco le conosceva eppure, in quel momento capita qualcosa di completamente nuovo, di diverso.
Sapete che cosa succede? Che Francesco, in quel momento di crisi comincia a leggere il Vangelo in maniera differente, cioè lasciando che il Vangelo gli dia del tu.
00:18:36
Cioè Francesco ha la sensazione che quel Vangelo sta parlando a lui, non sta parlando in generale.
Gli sta dando del tu.
Ecco qual è la svolta.
Noi viviamo in delle comunità dove quotidianamente viene celebrata l’eucarestia e quindi ascoltiamo il Vangelo, per chi non viene ammessa quotidianamente ma viene soltanto la domenica, certamente ci viene annunciato il Vangelo la domenica.
Negli anni di catechismo quante storie di Vangelo abbiamo ascoltato? E poi ci sono i matrimoni, i funerali, le storie, i film. Quante volte le storie dei Vangeli e le storie raccontate nella Bibbia le abbiamo conosciute, incrociate?
Ma la vera domanda è la nostra comunità, le nostre comunità riescono a posizionarci davanti alla parola di Dio esattamente come si posiziona Francesco, e cioè permettendo alla parola di darci del tu.
Non sto parlando con chiunque in questo momento, il Vangelo dice sto parlando a te.
00:19:48 Sei tu
Sei Tu, Pietro deluso, sei tu quella donna, sei tu quel giovane, sei tu quel cieco, sei tu Gesù schiacciato dalla croce, sei tu che ti senti solo. Sei tu.
Il Vangelo sta parlando a te e se sta parlando a te, voi sapete che se mi interroga, se mi dice qualcosa, io devo rispondere.
Cioè la prova vera che Francesco legge il Vangelo lasciandosi dare del tu viene dal fatto che a un certo punto sente la profonda esigenza di corrispondere al Vangelo, cioè di rispondergli.
Di dire, se tu mi dici questo: va, una cosa sola ti manca, va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi.
Francesco non dice, devo andarmi a prendere un commentario biblico che mi spieghi questo brano.
Sente che quel Vangelo sta dicendo a lui va, vendi quello che hai dallo ai poveri, avrai un tesoro in cielo. Sapete cosa fa? Tenta di farlo.
Tenta di metterlo in pratica.
Allora tornano alla mente le parole di Gesù.
00:21:05 Chiunque ascolta la mia parola
Chiunque ascolta la mia parola e la metta in pratica è simile a un uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia, cade la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti, si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sulla roccia.
Il meccanismo è semplicissimo, io mi lascio dare del tu dal Vangelo e tento di metterlo in pratica. Amici, guardate che ho scelto volutamente la parola tentare di mettere in pratica, perché forse non ci basterà un’intera vita a riuscire a praticarlo davvero.
Ma guardate che il Signore non ci chiede di essere così bravi da fare esattamente tutto quello che c’è nel Vangelo, ma ci chiede ogni giorno di provarci.
Nel Vangelo tante volte dovrò perdonare, dice Pietro sette volte? Dice no, dice Gesù, non sette volte, Pietro settanta volte sette.
00:22:06
E per tutta la vita, ogni mattina tu ti svegli e ti risale il rancore per quella persona che t’ha fatto male.
Per tutta la vita, ogni mattina tu devi combattere con quel rancore e tutte le mattine devi tentare di perdonare.
E poi il giorno dopo, toc toc, sono tornato, sono il rancore.
E tu di nuovo perdono e poi perdono e poi perdono. E uno può dire, sono un fallito. Non ci sono riuscito per tutta la vita, ogni giorno ho dovuto perdonare. No, ci sei riuscito. Per tutta la vita hai tentato di mettere in pratica il Vangelo.
00:22:50
Guardate già qui, c’è una rivoluzione allora vedete?
Da che cosa parte la vita cristiana? Da un’apparizione? No. Da un evento straordinario? No.
00:23:03 lasciati dare del tu dalla parola di Dio
Parte da una crisi, ognuno di noi ha le sue crisi.
In quelle crisi lasciate che ci sia una luce. Questa luce viene dal Vangelo dice, quindi che dovrei fare? Lasciati dare del tu dalla parola di Dio.
Prendete un prete, una religiosa, un religioso, una guida, un buon cristiano, un operatore pastorale, una persona di fiducia, mettetelo davanti al muro e dite, insegnami, come si fa a farmi dare del tu dalla parola di Dio.
Allora vedete che quando il vostro Cardinale Martini insisteva sulla lectio divina non voleva che tutti diventassero degli esegeti e dei biblisti, ma in fondo stava dicendo alla sua gente, lasciatevi dare del tu dal Vangelo.
Perché se vi lasciate dare del tu vi nasceranno desideri di risposta.
E quindi certe volte noi saltiamo questo passaggio e ci teniamo ancora il Vangelo come delle storie edificanti da raccontare alla gente, ma non crediamo più che sia una parola viva ed efficace.
Non crediamo più che ha il potere di cambiare la vita delle persone.
E com’è che le cambia le persone? Guardate, le cambia in una maniera molto semplice, uso il termine teologico, il termine teologico è che il Vangelo ha il potere di convertire.
00:24:34 che significa convertire?
Il Vangelo ha il potere di farti vedere le cose da un altro punto di vista.
Di farti sentire le cose da un altro punto di vista, di farti agire in un modo diverso.
Allora quando io parlo di conversione, normalmente la gente pensa, quelli che si sono convertiti sono quelli che prima facevano il male e adesso fanno il bene.
No, il punto di partenza della conversione è che ragioni diversamente.
Senti, cioè avverti le cose diversamente e poi agisci diversamente. Non solo l’azione, ma il modo di ragionare e di sentire bene. Francesco fa questo tipo di esperienza.
Il Vangelo gli insegna a ragionare in una maniera nuova, ad esempio a ragionare in maniera radicale. Certo, è eccessivo, fa delle cose eccessive. Questa storia, vedete, c’è raccontata non perché ciascuno di noi sia eccessivo, ma perché intuiamo quello che stava tentando di fare Francesco.
Prendere sul serio il Vangelo e di ragionare senza metterci troppi fronzoli sopra il Vangelo.
Ma c’è una questione molto concreta su cui la vita gli cambia.
00:25:59 Francesco e i lebbrosi
Ed è il rapporto che Francesco ha con i lebbrosi.
Ha orrore.
Lo dico male, gli fanno schifo.
Ed effettivamente forse questo corpo che va in putrefazione, no, questa carne mangiata e da questa malattia deve essere una cosa terribile. Vedere delle persone che sono divorate e che non possono stare in mezzo agli altri.
Francesco ha orrore di queste persone.
Eppure, c’è un momento in cui l’orrore diventa un gesto. Scende da cavallo incrociando un lebbroso va, lo abbraccia, lo bacia e dice Francesco, da quel momento ciò che era amaro mi divenne dolce.
Allora vorrei portarlo concretamente nella vita di ciascuno di noi.
Apro e chiudo una parentesi.
Quando io dico che il Vangelo deve darci del tu, ci deve interpellare personalmente, sto dicendo che se noi vogliamo una vita cristiana che torni ad essere una vita cristiana, ognuno di noi deve ricominciare un percorso personale.
Personale, sapete cosa significa? Che quello che è valido per Luigi non è detto che è valido per Alessandro.
È personale perché mi interpella per come sono fatto io per la storia che ho io per la sensibilità che ho io per i ragionamenti che faccio io è personale, ma vi prego, non confondete il personale con l’individualistico però.
Personale significa che mi riguarda a me personalmente.
00:27:55 non da solo: la comunità
Ma non posso fare questo percorso da solo.
E quindi io devo lasciare che il Vangelo mi dia del tu, ma non posso dire: non ho bisogno degli altri, non ho bisogno della Chiesa, non ho bisogno dei fratelli, non ho bisogno che qualcuno mi Guidi. Basto io da solo, no!
Abbiamo conosciuto questa deriva cristiana.
Ma noi dobbiamo stare attenti perché a me capita spesso di incontrare persone bellissime che stanno facendo dei percorsi bellissimi, ma sono percorsi individuali.
00:28:30
Dove non c’è più relazione, dove ognuno si va a scegliere la catechesi che vuole, il percorso che vuole, il ritiro che vuole il prete che vuole la situazione che vuole ed è tutto un io e quello che mi serve, ma questo è molto pericoloso.
In realtà noi dobbiamo sempre renderci conto che mentre scopriamo di avere bisogno di un cammino personale, abbiamo bisogno degli altri. Ma ci arriviamo, perché quando tu scopri di avere bisogno degli altri stai capendo finalmente che cos’è la Chiesa.
Ma arriviamo.
00:29:08 Empatia
Abbiamo scoperto che l’incontro con Cristo cambia che cosa in Francesco? L’empatia.
Il modo di sentire gli altri, lo traduco in maniera molto laica.
Fino a ieri Francesco guardava solo Francesco.
Un po’ come noi che ci guardiamo il nostro.
Dico noi sappiamo tutto di noi, siamo concentrati su noi, come soffro io e non soffre nessuno, come la mia vita e nessun’altra vita come la mia gioia, nessun’altra gioia. I miei problemi sono i problemi, noi siamo tutti concentrati su noi stessi.
Quando una persona si converte gli succede un miracolo. Sapete qual è? Comincia ad accorgersi che esistono anche i dolori e le gioie degli altri.
E tu ti accorgi che mentre avevi passato gli ultimi dieci anni a dire oddio come sono infelice in questa famiglia, oddio come nessuno mi capisce, oddio come tutti mi stressano, oddio come mai devo portare avanti tutta la baracca da solo, da sola? A un certo punto ti accorgi che anche tuo marito soffre.
00:30:19
Che anche tua moglie soffre, che anche i tuoi figli soffrono, che anche tuo fratello soffre, che anche il tuo collega soffre e cioè che anche gli altri hanno dolori e gioie, ti accorgi che esistono gli altri.
Allora, in una società individualista, dove ognuno è concentrato su se stesso, chi scopre Cristo scopre qualcosa che gli cambia la percezione degli altri.
Ridi con chi ride e piangi con chi piange.
Il problema non è andare a trovarci un lebbroso da abbracciare. questa fase della vita di Francesco ci sta dicendo: tu che vuoi fare un percorso di vita cristiana ti puoi domandare se stai facendo davvero un percorso di vita cristiana, da quanto tu ti accorgi del dolore, della gioia degli altri.
00:31:11Che fine ha fatto l’empatia per noi?
Che fine ha fatto il sentire?
Noi possiamo vivere sullo stesso pianerottolo con persone che sono nostri vicini, ma sono anche i più grandi estranei.
Peggioro la situazione, noi possiamo vivere in casa con delle persone, convivere con queste persone, forse dormirci anche nello stesso letto, mangiare allo stesso piatto e non sapere niente né della gioia né del dolore di quella persona, perché siamo tutti concentrati su noi stessi.
Allora vedete, siamo partiti dalla crisi, ma la crisi non come malattia, ma come l’inizio di una nuova vita cristiana.
In quella crisi abbiamo incontrato un nuovo modo di leggere il Vangelo, il Vangelo che mi dà del tu.
E quando ti lasci dare del tu dal Vangelo, il Vangelo ti converte, cioè manda, cambia il tuo modo di ragionare, il tuo modo di sentire, il tuo modo di agire.
00:32:17
Quando tu hai cominciato questo percorso ti accorgi che sta funzionando la vita di fede, perché non sei più indifferente al dolore e alla gioia degli altri, hai riscoperto l’esistenza degli altri.
E allora ecco un momento bellissimo della vita di Francesco, lui lo descrive così.
00:32:39 Il Signore mi donò dei fratelli.
E cioè, vedete, la scoperta della Chiesa non è la scoperta di un luogo fisico, la scoperta dell’oratorio di questa Chiesa fatta di mattoni, no, la Chiesa non è semplicemente un’istituzione, né qualcosa di materiale.
E soprattutto, vedete, la Chiesa non è un’istituzione astratta.
No, la Chiesa è sempre il volto e il nome di qualcuno. Tu hai conosciuto la Chiesa, Francesco ha conosciuto la Chiesa quando ha conosciuto frate Leone.
Quando ha conosciuto frate Jacopa.
Quando ha conosciuto Chiara.
Quando ha conosciuto Rufino.
Cioè la Chiesa per Francesco erano delle persone concrete.
Quando io vi dico qual è la vostra Chiesa, sapete dirmi non un luogo geografico ma un volto e un nome. Per me Chiesa è chi? Chi è Chiesa per me?
00:33:53 Chi è Chiesa per me?
Perché la scoperta della Chiesa è quando tu fai l’esperienza che l’amore di Dio non è una cosa che ci raccontiamo in astratto, ma qualcosa di concreto che mi viene incontro attraverso il volto, il nome e i difetti anche di qualcuno.
Perché questo è il miracolo della Chiesa, e cioè che la grazia di Dio passa anche attraverso quelli che sono le nostre fragilità, quelli che sono i nostri limiti.
Ci siamo allenati troppo a prendere i santi, idealizzarli.
Ma i santi in realtà sono fatti anche di cose molto concrete.
Sono fatti anche di difetti, di storture caratteriali, di fisime di gusti.
E cioè, sono fatti come noi.
Allora chi l’ha detto che siccome io sono proprio fatto in quel modo, allora io non posso essere un mezzo attraverso cui tu sperimenti l’amore di Dio?
00:35:02
Perché la definizione di Chiesa è il prolungamento dell’umanità di Cristo nel mondo.
Quando uno dice, vorrei toccare Cristo.
Tu Cristo, lo tocchi quando hai Chiesa intorno a te.
Perché tu hai bisogno che l’amore di Dio sia qualcosa di concreto, il sacramento di salvezza che passa attraverso la Chiesa, passa attraverso il volto di qualcuno.
Credo che nessuno di noi possa dire, io non ho bisogno della Chiesa.
Cioè io non ho bisogno di questi volti, di questi nomi, di questa umanità.
In questo senso vedete la forza della Chiesa, spero che nessuno si arrabbi, non è nella programmazione, non è negli eventi, la forza della Chiesa è nel fare esperienza che Dio è mio padre.
Questa è la Chiesa, cioè perché sussiste la Chiesa? Perché la gente faccia esperienza, che Dio è suo padre, cioè si senta amata da Dio.
Ed è da lì che nasce la comunione.
Se noi vogliamo essere fratelli senza aver scoperto che Dio è nostro padre, noi non saremmo mai fratelli e le nostre comunità saranno in comunione soltanto quando sono comunità di simili.
Siamo tutti fissati col calcetto, allora siamo comunità, siamo tutti fissati con la Caritas, allora siamo comunità, siamo tutti fissati con la preghiera il giovedì davanti al Santissimo, allora siamo comunità, quindi noi chiamiamo comunione la similitudine.
No, guardate, non funziona così.
00:36:51 la comunione
La Comunione e che siamo diversi, che siamo insieme e da dove nasce? Da un patto di non belligeranza tra di noi?
No, nasce dal fatto che tutti noi, tutti diversi, abbiamo sperimentato che Dio è nostro padre. Siccome lui è nostro padre allora siamo fratelli.
Ma se la mia parrocchia non mi fa sperimentare che Dio mi è padre, quale comunione posso pretendere da quella parrocchia? Ditemi.
Quindi la vera domanda che noi dobbiamo farci, il nostro modo di essere Chiesa fa passare l’amore di Dio, perché quella è la base della comunione.
Altrimenti è un po’ come se nei litigi condominiali a un certo punto abbiamo la speranza che tutti vadano d’accordo. E come fai, devi ammazzare la gente? Sì, se uccido quella del quarto piano è sicuro che vivremo più serenamente. E se no? Cioè non è eliminando, togliendo, stravolgendo, ma il fatto che abbiamo scoperto che lui è nostro padre.
Allora ci possiamo permettere di essere fratelli tra di noi e fratelli significa che a volte litigheremo, a volte no, ma siamo un’unica cosa.
Siamo una comunità. Paolo usa un’espressione bellissima dice siamo un corpo solo, dove ognuno ha il suo ruolo, ma un corpo solo in cui Cristo è il capo.
00:38:16 Teresina di Lisieux
Qualche giorno fa, nella festa di Teresina di Lisieux, nella sua autobiografia anche noi non so se anche nel breviario ambrosiano c’è questa lettura, ma in quello romano sì, no, viene presa proprio dalla dall’autobiografia di teresina quella pagina in cui Teresa di Lisieux si domanda: ma se ognuno è una parte di questo corpo, quale parte sono io di questo corpo? Dice Teresa.
Perché io vorrei essere la mano, vorrei essere la bocca, vorrei essere gli occhi, vorrei essere i piedi, vorrei essere una missionaria e vorrei essere un prete. Vorrei essere tanta roba dice Teresina.
Allora ho capito che c’era una parte di questo corpo che poteva arrivare ovunque, il cuore.
Perché il cuore pompa il sangue in tutto il corpo.
Nella Chiesa che è mia madre, dice Teresa, sarò l’amore, io sarò il cuore.
È una scoperta, no?
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Non a caso Pio XI ha reso una ragazzina, perché tale è stata a 24 anni morire carmelitana non ha visto niente, ha vissuto in clausura da monaca per un brevissimo tratto di vita, patrona delle missioni, una monaca Carmelitana morta a 24 anni. Sì.
Perché quella donna effettivamente ha raggiunto i confini del mondo, trovando il suo posto nella Chiesa.
Allora è una bella domanda questa, la nostra Comunità è un luogo dove si sperimenta che Dio è mio padre?
Perché se io non faccio questa esperienza allora non avrò nessuna comunione.
E Dio come padre lo si sperimenta, e qui Francesco vedete ebbe una riscoperta delle cose che sto per dirvi, attraverso la partecipazione consapevole ai sacramenti.
Dopo la conversione, cioè quel cambiamento che era nato dal rapporto a tu per tu col Vangelo, Francesco riscopre il valore dell’eucaristia.
00:40:34 il fascino dell’Eucarestia
Lui lo ha chiarissimo, ai suoi frati dice di andare nelle chiese che non erano messe benissimo, eh ce n’erano forse troppe anche maltrattate. Diceva di ripulirle, di aggiustarle e soprattutto che fossero luoghi dignitosi dove accogliere la presenza di Gesù nell’Eucaristia.
E le cose migliori dovevano essere quelle attorno all’altare.
Non perché aveva fissazioni liturgiche, capite, ma perché aveva capito che lì c’era il vivo, il vivente.
Faccio l’esperienza dell’amore di Dio, quando una comunità sa celebrare l’eucarestia non quando celebra e basta, quando sa celebrare.
E secondo quell’espressione bellissima del Concilio che parla di Actuosa partecipazio, e cioè che la gente che partecipa a messa sa quello che sta succedendo, come sta succedendo e ci partecipa attivamente, non come uno spettatore.
Il Papa usa nell’Evangelii gaudium, un’espressione che, dice, è la prima forma di evangelizzazione, è la Mistagogia.
Sapete cos’è?
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Mistagogia è ricevere una catechesi a partire dai segni dei sacramenti.
La messa che è fatta di tanti segni è come se fosse una continua evangelizzazione per noi, ma c’è qualcuno che ci spiega il senso di tutto quello che noi celebriamo?
Il modo di cantare, di celebrare, di partecipare, di ascoltare, di vivere. Se io miglioro la qualità della mia celebrazione, ma non l’estetica e basta, la sostanza, la consapevolezza di quello che sta succedendo in quel momento, allora non è più una cosa in cui mi annoio
Non mi devo più inventare un aperitivo per far venire la gente a messa, capite? O per attirare i giovani, non devo fare il pagliaccio per tentare di attirare qualcuno che si sieda in questi banchi, perché la potenza e la bellezza di quello che si celebra non ha bisogno di effetti speciali.
Non ha bisogno di teatro, è così bello che quando uno lo scopre non ne può fare più a meno.
Ma noi diamo per scontato che i cristiani sanno questo.
Racconto spesso una storia.
Quando ero seminarista nella mia parrocchia, avevo già capito che funzionava così, e cioè che la maggior parte di noi, quando partecipa all’eucarestia o ai sacramenti, lo fa per automatismo, nel gruppo Liturgico, lo dicevo spesso, guardate che la gente non sta capendo niente di quello che stiamo facendo, dice: esagerato, non è così.
Volete una prova?
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Andavo all’ambone durante la veglia di Pasqua, prima che iniziasse la celebrazione, cominciavo a dire: mi raccomando, spegnete i cellulari, attenzione alle candele quando ci muoviamo, così domani ci sarà la processione. Se domani non piove è una bella giornata. Attenti al cane per Cristo nostro Signore.
Amen. Tutti amen.
Cioè perché avevo detto, per Cristo nostro Signore, Amen.
Allora voi capite?
Che se uno non ha l’attenzione di comprendere che quando il sacerdote all’inizio della messa recita la cosiddetta preghiera di colletta, cioè la preghiera in cui vengono raccolte tutte le intenzioni, chi ci fa caso a quello che viene detto in quella preghiera? Perché il sacerdote lo dice ad alta voce, ma lo dice a nome di tutti.
Ma noi siamo lì, dice mi fido, amen.
Io lo so che ti fidi.
Non ti serve però.
È come se tu ricevessi chiavi di macchine bellissime, e non le usi.
Allora?
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La Comunità nasce innanzitutto attorno all’eucarestia.
Seconda cosa, attraverso l’esperienza dell’amore fraterno.
Cioè se lo scopo del nostro stare insieme non è migliorare la qualità delle nostre relazioni, per fare l’esempio di prima, se non c’è nessuna differenza tra una riunione condominiale e il Consiglio pastorale, beh, questo è un problema.
Questo è un problema.
Perché ricordatevi che Gesù ci ha chiesto un’unica cosa: vi riconosceranno da come vi amerete.
Ma se io mi squarto in comunità, esattamente come succede sul posto di lavoro, a casa mia, in mezzo alla strada, in un supermercato, a un semaforo, se succede la stessa cosa che succede nel mondo, succede qua dentro, tale e quale, allora significa che noi non abbiamo capito che siamo Chiesa, quanto celebriamo bene i sacramenti e quando lavoriamo consapevolmente all’amore fraterno.
00:45:52 portate i pesi gli uni degli altri
Portate i pesi gli uni degli altri, perdonatevi gli uni gli altri, scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, maldicenza con ogni sorta di malignità, siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi, in Cristo, queste sollecitazioni della parola di Dio.
Ora, se questo, se la Comunità non è il luogo dove io imparo la correzione, dove non imparo a perdonare, dove non imparo a chiedere perdono, dove non imparo a lasciarmi correggere, a crescere, a maturare, se la vita fraterna non si alza di qualità, scusate, perché la gente dovrebbe venire qui, cioè qual è l’attrazione che noi diamo?
Ma se io vedessi un posto dove c’è gente che si ama, io vorrei andare lì.
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Ma se io vedo lì le stesse cose che vedo nel mondo, tenetevi voi quelle cose.
Ora l’intuizione di Francesco è questa, la scoperta della fraternità e la scoperta di aver Dio come padre e allo stesso tempo di cominciare un lavoro fraterno dove bisogna imparare a sopportarsi lo so, in italiano suona malissimo, sopportarsi facciamo così, cambiamo una vocale, supportarsi.
Ognuno si carica dei pesi degli altri. Cominciare un lavoro del genere, allora capite che ha senso quando noi facciamo la cena di comunità, l’incontro, il campo scuola, l’oratorio, perché tutta questa roba qui ha come scopo, dovrebbe avere come scopo, farci crescere nell’amore fraterno, nella qualità delle relazioni.
Non semplicemente a dire, guarda, una volta l’anno mi vado a sfondare in parrocchia.
Ma fate no a casa vostra.
Ma l’occasione di mangiare insieme non è semplicemente di dire, ma che bello che stiamo mangiando insieme e bevendo insieme. Un’occasione in cui possa crescere la qualità delle nostre relazioni.
Non a caso il Vangelo è pieno di tavola e tavola ovunque. Gesù siede a tavola di scribi farisei, ma anche di peccatori, di gente semplice. Va a casa di Zaccheo, ma va a casa anche di Simone il fariseo.
00:48:21 Gesù va a tavola
Perché fa questo? Perché lui sa che tutto cambia quando cambiano le relazioni fraterne.
Non sono venuto a condannare, ma a salvare.
Andate a imparare, dice Gesù quando lo criticano che è andato a mangiare a casa di Matteo.
Misericordia io voglio, non sacrifici.
00:48:41 Misericordia
Lo traduco misericordia io voglio non le riunioni che fate voi. Misericordia io voglio, non le iniziative. Misericordia io voglio e non tutte le fissazioni che certe volte ci assorbono, tutte le energie, cioè se non ti funziona il cuore, misericordia, nel voler bene veramente, ma a che serve tutto il resto?
E la cosa bella lo sapete qual è? È che Francesco mette su una fraternità imperfetta. Lui in vita viene fatto fuori dall’ordine francescano, lui in vita, questa è una prova di libertà pazzesca ed è l’ultima cosa che voglio consegnarvi, cioè…
00:49:26 ho fatto la mia parte, Cristo vi insegni a fare la vostra
Alla fine della vita Francesco si trova lì, alla Porziuncola. Voi sapete la scena che viene commemorata è proprio Francesco che si fa mettere a terra lì, in questo luogo del cuore. Per lui è un luogo del cuore, la Porziuncola no. E lui dice questa espressione bellissima ai suoi frati: io ho fatto la mia parte, Cristo Vi insegna a fare la vostra.
Guardate che qui c’è il segreto vero di ogni Chiesa e comunità che riesce, perché a noi succede che quando uno è il leader, quando uno tiene le redini della situazione, quando uno fa funzionare tutta la macchina e poi viene a mancare, crolla tutto.
Allora Francesco dice, Io ho fatto la mia parte.
Ma Cristo vi insegna a fare la vostra.
E se noi non partiamo dal presupposto che questo lascito è per ciascuno di noi, continueremo a dire, ma quando c’era San Carlo?
Eh, ma quando c’era il Cardinal Martini? Eh, ma quando c’era. Cioè viviamo nella nostalgia di cose.
Ma la parte in cui viene detta Cristo vi insegna a fare la vostra, significa che se noi vogliamo bene alle persone che vi ho appena citato, significa che la loro preghiera non è tutto crollato perché non ci sono più.
Ma che tutto continua in modo diverso, perché Cristo ci sta insegnando a fare la nostra parte.
Il modo di essere Chiesa in questo momento storico, fratelli, noi non possiamo copiarlo a nessuno.
Perché i cambiamenti sociali, l’antropologia che stiamo vivendo, le sfide, le crisi sono uniche in questo momento storico. E quindi se noi non impariamo a fare la nostra parte non possiamo ripetere cose che funzionavano quanto trent’anni fa, quarant’anni fa, cinquant’anni fa sì, funzionavano, ma oggi non funzionano più. Dobbiamo avere il coraggio di dire non funzionano più.
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E quindi significa che adesso dobbiamo fare la nostra parte, cioè dire che facciamo?
E cioè, la vera Chiesa non è mai possesso. Francesco non si è impossessato della Chiesa che ha rinnovato. L’ha lasciata libera di esprimersi, persino di tradire l’ideale che aveva messo in piedi. Perché? Perché non era suo, perché era del Signore. E le cose del Signore cambiano, si evolvono, crescono.
Acquistano una nuova forma.
Com’era bello quando noi eravamo piccoli e lì sì che tutti venivano e tutti facevamo e tutta la gente sì, ma non c’è più quel tempo.
Qual è la parte che dobbiamo fare noi oggi? Vi prego, non ditemi che la nostra parte è solo lamentarci e piangere, cioè non abbiamo bisogno di prolungare il libro delle lamentazioni.
Abbiamo bisogno di metterci in gioco, esattamente come ha fatto Francesco.
Nel 1200, in un mondo dove tutto diceva Dio, un uomo chiamato Francesco ha ricordato a queste persone che Dio non può mai diventare il fondale di una società.
E basta la scusa per raggiungere un potere? No, Dio è qualcosa di vivo che può cambiare la vita delle persone. E Francesco lo ha ricordato con la sua vita.
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In un mondo come il nostro, in cui Dio sembra scomparso, l’occasione che lui si sta dando per tornare ad essere utile a questo mondo è la nostra Santità.
Il nostro sì, il nostro lasciarci interpellare, il nostro vivere alla maniera di Francesco. E questo significa che il mondo si aspetta di vedere qualcosa di mai visto.
Di mai visto.
Esattamente come è stato Francesco, mai visto un uomo così.
L’augurio è questo.
00:53:48 mai visto
Che possa, ancora una volta il miracolo di Francesco, che non è il miracolo di fare miracoli, è il miracolo di vivere la vita ricordandoci di essere figli amati.
Di avere un padre, di avere dei fratelli, di far pace con la nostra debolezza, di toccare le nostre ferite, di saper usare misericordia nei confronti degli altri, di non attaccare il cuore alle cose di questo mondo, di vivere liberi di sperimentare una perfetta letizia, quella che il mondo non può mai dare. Ma chi ha incontrato quella felicità, quella gioia non gli può essere strappata da nessuno, neanche dalla morte, neanche dalla morte.
Allora avremmo davvero onorato Francesco d’Assisi.
Perché non l’abbiamo usato semplicemente come il brand della nostra comunità, ma l’abbiamo usato come una luce che ci ha fatto fare la differenza a 800 anni di distanza. Grazie.
Don Luigi Maria Epicoco
Don Luigi Maria Epicoco è un presbitero, teologo e scrittore italiano. Sacerdote dell’arcidiocesi dell’Aquila, scrittore di libri e articoli scientifici di carattere filosofico e teologico.
Ha una cattedra in filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR Fides et ratio dell’Aquila. Direttore della residenza universitaria San Carlo Borromeo all’Aquila e parroco della parrocchia universitaria San Giuseppe Artigiano, dove ha vissuto la tragica vicenda del terremoto occupandosi in prima linea della ricostruzione per l’arcidiocesi.
Comunicatore in diverse trasmissioni sia in radio sia in televisione in particolare Radio Vaticana, Telepace, TV2000, Rai2, Rai Radio 2. Nel web è attivo nei social e in diversi blog. Nel 2016 ha curato il commento al Vangelo della rivista Credere Edizioni San Paolo. Membro Cavaliere della Luce. Ha costituito una fraternità con gli studenti universitari che segue. Da novembre 2017 è nato il progetto editoriale di un nuovo messalino edito da Edizioni San Paolo a cura di don Luigi Maria Epicoco. (https://www.cercoiltuovolto.it/tag/don-luigi-maria-epicoco/)
1Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. 7Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. 12Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
I lettera ai Corinzi 13, 1-13